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Dessì: «Tornare a giocare è un rischio, l’imprevisto è possibile» – ESCLUSIVA
A tu per tu con Riccardo Dessì, difensore del Cagliari negli anni ’70 e medico. L’ex rossoblù ci racconta dubbi e perplessità sulla ripresa del calcio
Per ragionare sul caldissimo tema della ripresa dei campionati in epoca di Coronavirus, anche alla luce delle ultime previsioni governative, abbiamo raggiunto Riccardo Dessì. Roccioso difensore del Cagliari a cavallo fra i ’60 e i ’70, il cagliaritano fa parte di quel ristretto novero di calciatori che all’attività agonistica hanno accompagnato gli studi fino a ottenere una laurea. Dessì ha scelto la medicina, professione che ha esercitato per decenni dopo aver appeso al chiodo le scarpette: da lui ci facciamo dunque raccontare dubbi e perplessità anche sul piano sanitario.
Da ex giocatore, cosa comporta per gli atleti il lungo stop di queste settimane?
«Per tornare al ritmo partita ci vorrà almeno un mese di preparazione, sarà un po’ come fare una preparazione pre-campionato visto che i giocatori sono fermi ormai da quasi due mesi. Non parliamo poi di preparare il campionato successivo in tempi ancora più compressi, mi sembra una cosa difficilissima».
Si parla di cominciare con allenamenti distanziati
«Gli allenamenti individuali sono ottimi per gli sport come il tennis, o perfino la pallavolo dove non ci sono contatti con l’avversario. Il calcio però è ben diverso, immaginare una preparazione senza contrasti non è possibile».
L’idea è quella di far ripartire il calcio con tamponi a tappeto e circuito chiuso
«Anche qui i dubbi sono tantissimi. La stessa comunità scientifica non è ancora riuscita a stabilire se un soggetto che ha affrontato il virus e si è poi negativizzato sia suscettibile di tornare positivo o meno. Che succede se uno dei giocatori che sono risultati positivi in passato torna ad esserlo? Non sappiamo se sono immuni, mi pare un salto nel buio».
Quindi non una soluzione priva di un pur minimo margine di rischio?
«Teoricamente può anche andare tutto bene, ma il discorso è che l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Si punta ad abbassare il rischio il più possibile, ma al rischio zero non si può arrivare. Evidentemente il calcio deve fare i conti con il fattore economico, non è un caso che la Federazione spinga per tornare in campo a tutti i costi e le istituzioni politiche siano molto più caute».