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Marcolin: «Cagliari, non rinunciare al tuo gioco» – ESCLUSIVA
A tu per tu con Dario Marcolin, ex centrocampista di Cagliari e Lazio: uno sguardo al passato e sulla partita di domani all’Olimpico
Alla vigilia di Lazio-Cagliari, sfida che si preannuncia fondamentale e insidiosa per entrambe le squadre, abbiamo avuto l’occasione di sentire Dario Marcolin, ex centrocampista rossoblù nella stagione 1993-1994 ma anche ex giocatore dei biancocelesti con cui vinse lo scudetto nel 2000. La carriera di Marcolin non si è fermata al 2005, anno in cui il bresciano ha deciso di appendere per sempre le scarpette al chiodo ma è continuata indossando le vesti di allenatore: dopo il Monza è stato collaboratore tecnico di Roberto Mancini all’Inter nel vittorioso campionato del 2008 per poi approdare al Catania dal suo ex compagno di squadra e amico Sinisa Mihajlovic che lo portò con sé anche alla Fiorentina, nominandolo suo vice. La lista non si ferma qui ma sono davvero tante le squadre in cui Marcolin ha potuto insegnare il suo modo di vedere il calcio, l’amore della sua vita. Questo lavoro di insegnamento, di spiegazione puntuale e precisa delle dinamiche del gioco continua tutt’ora anche se in un modo completamente diverso: vede il campo un po’ più da lontano e accompagna le partite con la sua voce, con i suoi commenti e le sue opinioni su DAZN. Chi meglio di lui poteva accompagnarci nel viaggio alla vigilia di Lazio-Cagliari?
Come descriveresti il tuo anno in rossoblù? Quali sono i ricordi più belli che porti con te?
«La mia esperienza con il Cagliari è stata grandissima, avevamo una squadra davvero forte. Era l’anno della Coppa Uefa, io non potevo giocare perché l’avevo già fatto con la Lazio però ho avuto l’onore di seguire quella bellissima cavalcata. Era un grande gruppo con un grande leader come Gianfranco Matteoli. C’era Massimiliano Allegri, Vittorio Pusceddu, Fiori, Valdes, Oliveira, Firicano, Herrera, insomma un gruppo davvero forte. Quello che mi ricordo è un grande spogliatoio e grandi persone. Il mio momento migliore? Credo la continuità di aver giocato tante partite. È stato anche l’anno in cui da capitano ho vinto il campionato europeo Under 21 alzando il trofeo con Cannavaro, Inzaghi, Del Piero, Vieri e tanti altri. Avevamo un grandissimo allenatore, Bruno Giorgi, era un po’ il padre di tutti noi ragazzi e ci trasmetteva un’idea di calcio abbastanza offensiva. Il mio rapporto con la città funziona ancora oggi. Per me è sempre un piacere tornare a Cagliari: la gente continua a ricordarmi e a volermi bene. È una città pro squadra, pro calciatori e ti regala una vita serena, importante, di altissimo livello».
Sei stato anche un giocatore della Lazio. Nel 2000 con i biancocelesti hai vinto lo scudetto. Cosa hai provato e quali sono anche in quel caso i tuoi ricordi più belli?
«L’anno dello scudetto era caratterizzato da un gruppo fortissimo, da 33 giocatori tutti campioni che, dopo la vittoria a Torino contro la Juventus (0-1) si sono ritrovati a essere una squadra che cominciava a credere in quel traguardo. Stavamo a meno nove punti a dieci giornate dalla fine e piano piano, vittoria dopo vittoria, siamo riusciti a colmare quel distacco fino ad arrivare a quello che è successo. Tanti ex compagni vivono a Roma, quindi ci incontriamo spesso, giochiamo a padel, con altri, invece, ci siamo ritrovati grazie a Instagram».
Quali sono, secondo te, i punti di forza e i lati più deboli di questo Cagliari?
«Il punto di forza del Cagliari è sicuramente la fase offensiva e quel gioco che nonostante le sette partite con un solo punto, è un punto fermo di Eusebio Di Francesco. Se proprio devo trovare un difetto, credo che sia proprio questa voglia di fase offensiva che, a volte, ha fatto mancare l’equilibrio a discapito della difesa, regalando così il risultato agli avversari. Nelle partite che ha perso, il Cagliari ha sempre fatto grandi prestazioni: ecco perché Giulini ha riconfermato Di Francesco, crede nel lavoro dell’allenatore. L’unica cosa che i rossoblù devono fare è trovare un punto di incontro tra l’attaccare con tanti uomini e, allo stesso tempo, provare a essere corti e compatti per difendere».
Qual è allora il motivo della crisi in cui il Cagliari è sprofondato?
«Quando perdi una partita dopo l’altra, nonostante un lavoro e una prestazione positiva, non puoi non perdere la fiducia. La crisi del Cagliari è data proprio dalla fiducia di un risultato. Sono convinto che appena questo arriverà, la squadra riuscirà a sbloccarsi. Il Cagliari ha in rosa Godin, Joao Pedro, Nainggolan, Rugani, Simeone: una squadra di primissimo livello, in poche si possono permette un organico di questo tipo. Giulini ha messo a disposizione dell’allenatore un gruppo con qualità importanti».
Come vedi la gestione delle due squadre da parte dei rispettivi allenatori?
«Inzaghi è molto bravo e lo rivedo molto in quello che faceva il nostro Eriksson: grande gestione anche dal punto di vista del minutaggio e dell’empatia tra allenatore e calciatori. La differenza tra il Cagliari e la Lazio è che i biancocelesti hanno uno zoccolo duro che va avanti da quattro/cinque anni mentre Di Francesco lo sta ancora improntando. I giocatori stanno con lui da troppo poco tempo, quel lavoro si costruisce piano piano. Sono sicuro che Eusebio abbia un grande rapporto con la sua squadra. È un leader nella comunicazione, nello spiegare il calcio, nella gestione dei calciatori e credo che in questo momento stia cercando la chiave per uscire da questa situazione di crisi che attraversano un po’ tutte le squadre.
Ultima domanda: come sarà Lazio-Cagliari? Che tipo di partita ti aspetti?
«La Lazio è in grande forma, arriva da cinque risultati utili consecutivi. Ho visto che il Cagliari potrebbe giocare con un 4-3-2-1, sta imbottendo un po’ il centrocampo e fa bene perché la Lazio oggi sa fare un po’ tutto, è una squadra pratica che attacca e difende allo stesso modo. Il Cagliari deve fare una partita senza rinunciare al proprio gioco, sapendo di dover fare una buona fase difensiva per cercare di bloccare soprattutto sugli esterni la Lazio che fa molta differenza».
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