Editoriale
Champions League: la maturità del City nel calcio senza punte di Pep
Le semifinali d’andata della Champions League hanno confermato il Manchester City di Pep Guardiola come favorita della manifestazione
Un piede in finale di Champions League lo ha messo con straordinaria autorevolezza il Manchester City. La formazione di Guardiola si è imposta a Parigi dimostrando ancora una volta quanto sembri maturato il gruppo in questa stagione.
Dopo quattro annate di fallimenti europei e di inevitabili derisioni da parte dei tifosi rivali, mai come stavolta Blue Moon potrebbe davvero diventare la colonna sonora del 2021. Se la qualità tecnica non è evidentemente mai mancata, ciò che spesso aveva difettato era la consapevolezza di sé.
Il ribaltone contro il Paris Saint Germain è stato infatti frutto soprattutto della maturità che i citizens forse nemmeno sapevano di avere. Dopo una prima frazione spesa a rincorrere Neymar e compagni, gli inglesi hanno pigiato il tasto “on” e preso pieno possesso del campo e delle operazioni.
E le due reti tutto sommato episodiche di De Bruyne e Mahrez non traggano in inganno, perché la superiorità mentale e calcistica del Manchester è stata palese. Il surreale gioco senza punte di ruolo si è rivelato una lettura complicatissima per i parigini, annientati dai movimenti incessanti del fuoriclasse belga, piuttosto che di Bernardo Silva, Foden o Gundogan.
D’altro canto il “falso nueve” è un dogma ben radicato nel concetto tattico di Guardiola, che l’ha reso celebre negli anni d’oro del Tiki Taka blaugrana. Lì però c’era un certo Messi al massimo del proprio splendore, ora invece il City è la sublimazione dell’idea. Con lo spazio che adesso forse ancor più di prima riveste il ruolo di centravanti.