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Guerra in Ucraina, Srna: «La notte dell’attacco mi sono svegliato e ho capito cosa stava accadendo»
Le parole dell’ex terzino di nazionalità croata sulla notte dell’attacco delle forze militari russe all’Ucraina
Ha parlato presso i microfoni del quotidiano croato Sportske novosti, Daijo Srna. L’ex giocatore del Cagliari torna a parlare della drammatica notte dell’attacco russo, quando lui stesso di trovava nella capitale Kiev. Ecco le sue parole riportate da FanPage.
LA NOTTE DELL’ATTACCO – «La gente mi chiede se sapevamo che sarebbe successo. No, solo un uomo lo sapeva… Quando tutto è iniziato, mercoledì alle 4.15 del mattino, mi sono svegliato immediatamente e ho capito cosa stava accadendo. Ho chiamato due amici croati, poi sono andato al nostro hotel e ci siamo dati da fare per portare lì i nostri stranieri del club. Presto li abbiamo riuniti tutti. Erano quasi 50 i brasiliani con le loro famiglie, anche la nostra rappresentanza italiana era numerosa. In albergo sono venuti anche alcuni stranieri della Dinamo Kiev. Il passo successivo sono state le chiamate alle ambasciate, è logico che ti aspetti il massimo aiuto da loro. E le persone delle ambasciate hanno fatto del loro meglio per aiutarci, ma non sono riuscite a trovare un modo per garantire che i nostri giocatori e allenatori lasciassero il Paese».
RIFIUTO DI PARTIRE – «Come tutti gli altri, sarei dovuto andare da solo, salire in macchina e partire. Ma sia io che gli italiani ci siamo rifiutati, non volevamo lasciare i nostri brasiliani. Non potevo essere io il primo a lasciare lì tutti quei giocatori, le loro famiglie, i bambini… I nostri brasiliani sono ragazzi di 18, 19, 20 anni, quindi sono ancora giovanissimi. Dovevo stare con loro e trovare una soluzione».
CEFERIN – «Ho chiamato il presidente UEFA Alexander Ceferin, l’ho chiamato personalmente. Il nostro club aveva un buon rapporto con lui, l’ho conosciuto, ho sentito che era un uomo giusto e quando ho visto che non avevamo scampo me lo sono ricordato. ‘Presidente, aiutaci, abbiamo bisogno di te’, gli ho detto, e ad un certo punto ho pianto. Ceferin ha fatto subito tutto, ancora di più, chiamava nel cuore della notte in cerca di soluzioni. Ha difeso i nostri giocatori e le loro famiglie come fossero i suoi figli, non so chi ha chiamato e cosa ha fatto, ma eravamo in contatto costante e mi assicurava che avrebbe trovato una soluzione ad ogni costo, ma che non ci avrebbe lasciato intrappolati».