Riva: «Altrove avrei guadagnato di più, ma qui ho trovato l'affetto» - Cagliari News 24
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2013

Riva: «Altrove avrei guadagnato di più, ma qui ho trovato l’affetto»

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Gigi Riva non ha certo bisogno di presentazioni: capocannoniere della storia della Nazionale ed eroe indiscusso di quella del Cagliari, è per tanti versi il simbolo del calcio in Sardegna e probabilmente il volto più conosciuto in assoluto da queste parti.
In una bella intervista rilasciata a Isola24Sport Rombo di Tuono racconta alcune facce della sua carriera, dalla scelta di legarsi indissolubilmente alla terra sarda alle tattiche avveneristiche di Scopigno.

IL LEGAME CON LA SARDEGNA – Il Mito sa che, al di là delle lapalissiane qualità puramente calcistiche, parte dell’affetto che il popolo sardo gli tributa è dovuta anche alla sua decisione di non abbandonare mai questa terra; una scelta che conta. «Molto. Non ho interferito, anche agli occhi dei tifosi, sugli equilibri delle squadre “potenti” di Milano e Torino. Il fatto che non mi sia spostato da qui è sicuramente molto significativo. Andando via avrei guadagnato molto di più, ma è stato un sacrificio molto relativo. Qui ho trovato persone che mi vogliono bene veramente, ho trovato gente che mi saluta con la gioia di salutarmi e non tanto per farlo. Ho trovato tanto affetto, soprattutto negli anziani. Il Cagliari allora lottava per non retrocedere e la Juventus vinceva gli scudetti ma, avendo perso la Coppa dei Campioni, decise di prendere me. Ma senza aver parlato con me…
Ma ci provò anche il Milan di Buticchi. Il Napoli, quando ero a fine carriera. E, diceva Arrica, anche una squadra inglese. Moratti padre, invece, fece un’altra cosa: pagò 158 milioni al Cagliari per la sola promessa che, se mai un giorno avessi deciso di partire, sarei andato all’Inter. I dirigenti sapevano benissimo che io non volevo andar via e così il Cagliari – senza colpo ferire – si mise in tasca i 158 milioni, che allora eran tanti, eh!
».

UNA PERSONA PERBENE – C’è spazio anche per qualche aneddoto, come quando gli si chiede quali siano la critica più fastidiosa ed il complimento più gradito: «La critica sicuramente è quella prevenuta. Che so, il giornalista che non giudica un giocatore per quello che fa in campo ma ne parla male perché gli è antipatico o non l’ha salutato.
Quanto al complimento, invece, ricordo un episodio che mi ha molto colpito. Una volta andai a Seui a casa di una signora anziana. La casa era piccolina e vidi che sulla credenza c’era una mia foto in mezzo a quelle dei suoi cari. La signora non mi riconobbe. L’amico che mi accompagnava allora le chiese “Come mai c’è anche la foto di Riva là in mezzo? Non è mica morto!” E la signora rispose in sardo “Non è mio parente, ma è una persona perbene. E’ un brav’uomo.” Una bella cosa».

SCOPIGNO – Ricordata la verve di Manlio Scopigno, allenatore sempre pronto alla battuta tagliente, Riva tiene a sottolineare la sagacia tattica che fu del Filosofo: «E’ stato un grande allenatore. Non gli è stato riconosciuto perché allenava il Cagliari. Ma lui, ad esempio, è stato il primo a portare il libero in linea con lo stopper. All’epoca non lo faceva nessuno e invece lui portò Cera in linea con Niccolai, Martiradonna e Zignoli. E difatti anche Valcareggi in Messico giocò con lo schema del Cagliari, che era quello in assoluto più all’avanguardiaDopo il Mondiale del 1966 in Inghilterra, dove facemmo una figura magra, fu bloccato l’arrivo di calciatori stranieri e le squadre misero il libero dietro la difesa per non prendere gol. Invece Scopigno lo tolse.
Se lo avessero fatto Viani o Herrera sarebbero stati esaltati come maghi del calcio. Invece Herrera giocava con Picchi libero, il Milan con Cesare Maldini libero e la Juventus con Salvadore libero. Noi con la difesa in linea, con una serie di accorgimenti tattici compensativi
».

I GIOVANI E IL FUTURO – Non è ancora detta l’ultima parola per quanto riguarda la decisione di lasciare la nazionale, anche se Riva non assicura affatto la sua presenza in Brasile: «Eh, non credo. Adesso ci sono ancora 5 o 6 mesi prima dei campionati del mondo: se gli acciacchi non mi daranno troppo fastidio, proverò. In caso contrario preferisco lasciare. In fondo, nove Mondiali son mica pochi…».
Il Mito, a domanda specifica, prova a immaginarsi nei panni di sindaco: «Mah, il sindaco…Io penserei innanzitutto ai giovani, a creare strutture. Ma non a pagamento, campi comunali aperti e come gestori impiegati del Comune. I giovani hanno diritto ad avere impianti sportivi: come si va a scuola, si deve andare a fare sport. Lo sport ti migliora fisicamente, ti insegna il sacrificio, il rispetto, la tolleranza, la lealtà, la misura nella vittoria e l’accettazione della sconfitta. Ha anche una funzione pedagogica. E poi togli dalla strada i ragazzi, i genitori sanno dove sono. Per esempio, in Inghilterra le società sportive passano a prendere con il pullmino i ragazzi iscritti e li portano all’impianto sportivo e, dopo, a casa. Tutto gratuito». Quindi un augurio ai figli e nipoti: «Di crescere sani, sperando che questo Paese si metta a posto. In questo momento vedo i giovani un po’ in difficoltà. In Sardegna non c’è lavoro, ogni giorno chiude un’attività».

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