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2014

Zeman: «Cagliari e calcio italiano: vi dico tutto»

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Non lasciano mai indifferenti le parole di Zdenek Zeman, che con disarmante semplicità riesce a trattare i temi più delicati. Nell’intervista rilasciata ai microfoni di Tuttosport è partito, parò, dalla scelta di sposare il progetto del Cagliari: «Perché mi ha cercato: se lo facevano altri, magari ora ero in un altro posto. Si è presentato un progetto interessante, con un presidente nuovo e ambizioso e ho detto sì. Giulini è giovane, ha voglia e mi auguro che al più presto riesca a capire il mondo del calcio», ha spiegato il tecnico boemo.

Poi Zeman ha commentato il dato relativo alla presenza per la Serie A del solo Paul Pogba nella lista dei candidati per il Pallone d’Oro e ciò gli ha dato lo spunto per allargare poi il discorso alla crisi del calcio italiano: «È segno che il nostro paese è dietro agli altri. Negli anni ’90 qui arrivavano i migliori calciatori al mondo, oggi l’Italia non se lo può permettere per i problemi economici e per tante scelte errate fatte in passato: molti club si sono indebitati troppo. Modelli stranieri? Il calcio italiano, se ha una grande tradizione, se l’è fatta con le proprie mani, non copiando gli altri. Il problema è che un tempo si faceva un calcio diverso. Penso che il nostro calcio sia poco allenato e che all’estero si lavori di più. Gioco spezzettato? Grazie ai giocatori: se oggi uno sente un po’ di vento alle spalle cade per terra e aspetta che l’arbitro dia il fallo. In Inghilterra se uno cade a terra, per lui è una vergogna e si rialza subito».

L’obiettivo si sposta poi sulla Juventus e sull’eredità di Antonio Conte lasciata a Massimiliano Allegri: «Non credo che la Juventus stia attraversando un periodo di crisi: a Genova hanno perso all’ultimo minuto una partita che hanno dominato. Poi, a livello internazionale, penso che la Juve faccia gli stessi risultati che faceva con Conte. Non trovo differenze: è sempre la stessa squadra che però, in Italia, sta trovando un avversario sempre più importante nella Roma».

A proposito della Roma, Zeman è uno dei pochi a definire noioso il gioco di Rudi Garcia: «Ho detto che a volte fa troppo possesso senza cercare altri gol come sarebbe nella possibilità della squadra. Nel secondo tempo con il Chievo, sul 3-0, non si è divertito nessuno». Il tiki taka insomma annoia l’allenatore del Cagliari, che considera Pep Guardiola il miglior allenatore, in grado di andare oltre una filosofia di gioco: «A me non piace perché ho un’altra visione sul calcio però non è detto che non renda. Guardiola, che reputo oggi il miglior allenatore al mondo, ha vinto tanto giocando in questo modo. Il problema è piuttosto chi lo vuole scimmiottare non avendo i giocatori che c’erano in quel Barcellona. Quello del Bayern contro la Roma non era tiki taka, ma un gioco d’attacco. Visto quanto Guardiola aveva fatto al Barcellona pensavo non si potesse fare meglio e invece lui a Monaco ci è riuscito, migliorando una squadra che l’anno prima aveva vinto tutto. Per questo sostengo sia il migliore».

Dai club agli allenatori, passando per i giocatori. E’ il turno di Ciro Immobile e Mario Balotelli: «Gli abbiamo dato l’opportunità di far vedere le sue doti e ha dimostrato di averne. Ha fatto bene ad andare in Germania perché è giovane e ha ancora tanto da imparare in un calcio più fisico e aggressivo. Mi dispiace piuttosto che, essendo della Juventus, non l’abbiano preso loro visto che nell’ultimo campionato era stato capocannoniere. Balotelli? Nessuno disconosce le sue capacità tecniche e atletiche. Però, per metterle a disposizione della squadra, ci vuole un altro lavoro. Balotelli ha comunque ancora la possibilità di dimostrare che è un giocatore vero».

Inevitabile il riferimento alle polemiche dopo il big match tra Juventus e Roma: «Tra Juve e Roma c’erano polemiche anche prima di Calciopoli: per tradizione c’è rivalità e ci sarà sempre. Poi bisogna vedere chi ci casca, chi si lascia provocare e chi risponde. Juve-Roma, per esempio, è stata seguita da tutti: ci sono stati dei gol che da una parte erano irregolari, dall’altra regolari e ci si lamenta da una parte mentre dall’altra si è contenti. Scommesse? Sono una cosa brutta e non so come si potrebbe ovviare al problema visto che ci sono indagini da anni e anni e non si arriva mai a una conclusione. Intanto, ci vorrebbe più controllo».

Zeman, che ha ammesso di non avere problemi ad andare a cena con Agnelli, anche se «poi bisogna vedere se le discussioni sono alla pari», ha parlato poi di Thohir, cogliendo l’occasione per lanciare una frecciatina, e del suo mancato approdo all’Inter: «Sono convinto che un presidente prima di tutto debba essere tifoso della squadra e penso che Thohir non lo faccia per fare il tifoso ma per altri scopi come tutti i presidenti dall’estero che vengono qui. In Italia si ha la convinzione che nel calcio vince chi ha più soldi. Per me non è così. Quanto sono stato vicino all’Inter? Quando Moratti l’ha comprata nel 1994-95. Ma avevo già dato la mia parola a Cragnotti».

Il boemo, che detesta il luogo comune secondo cui quando prende gol è sempre colpa della fase difensiva zemaniana, ha designato suo figlio Karel come suo erede: «Spero faccia strada. C’è poi tanta gente che vorrebbe fare calcio come me e spero che qualcuno riesca a fare meglio di me. Per ora nessuno è riuscito ad avvicinarmi».

Spazio alle considerazioni sull’incarico di Antonio Conte in Nazionale e sulla sua scelta di non allenarne una: «È un altro ruolo: lì ha poche possibilità di formare e “plagiare”, nel senso buono intendo, i giocatori lavorando tutti i giorni sul campo. Però Conte è uno che ha grinta, voglia e spero riesca a fare bene. Nazionale? Ho sempre detto no e non per una questione tattica: se infatti scegli gli undici migliori di una Nazione in base alle tue idee di calcio, riesci a fare quello che vuoi, naturalmente se hai delle idee. Io però ho ancora davanti pochi mesi di carriera e li voglio fare in campo». Si torna a pensare al Cagliari, dunque, per cui lo scudetto rappresenta «un posto tra le prime otto».

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