2015
Abeijon: «Ci vuole rispetto per Zola! Quando giocavo io era sempre una battaglia»
«L’amore per la maglia e per la terra è molto meglio del denaro». Così si è presentato ai microfoni di Radiolina durante la trasmissione “Il Cagliari in diretta” l’ex rossoblù Nelson Abeijon. Il Guerriero di Montevideo continua a distanza di anni a seguire il Cagliari anche in un momento buio come questo: «Ho visto molte partite, anche l’ultima col Verona e mi dispiace tanto, un po’ perché son tifoso del Cagliari e molto anche per Gianfranco che si merita rispetto e pazienza. È una persona che lavora molto, lo faceva già da giocatore, con noi era un allenatore in campo. Sappiamo che il Cagliari non sta andando bene ma non mi sembra giusto che si parli così di lui e che ogni domenica si dica che rischi la panchina» Abe difende il suo ex compagno ora alla guida dei rossoblù: «Gianfranco è un esempio, in tutti i sensi. Non ho mai giocato con uno così, lo applaudivano in tutti gli stadi d’Italia. Per quello mi dispiace che non c’è pazienza per uno sardo che ha fatto di tutto per tornare al Cagliari, l’ha riportato in Serie A e tiene veramente ai colori. Ci vuole più rispetto per uno come lui».
Uno dei motivi del campionato disastroso del Cagliari può essere individuato nei nuovi innesti, forse troppi tra giugno e gennaio: «Quando giocavo io c’erano molti giocatori che giocavano da tanto tempo a Cagliari ed è normale sentire la maglietta in un certo modo, come fanno oggi Cossu e Conti. Quando il Cagliari perde, Daniele è il giocatore più triste che torna a casa. È normale che quando arrivano nuovi giocatori non sentano immediatamente i colori sulla pelle. Forse si è cambiato troppo, rispetto a quando giocavo io sono rimasti solo Conti, Cossu e Pisano. Io quando sono arrivato a Cagliari ho sentito subito la maglietta grazie a Fabian O’Neill. Ogni volta che entravo in campo era una battaglia, come se fosse l’ultima partita e lo facevamo capire anche ai nuovi. Ricordo il mio primo giorno a Cagliari. Un aereo privato era venuto a prendere me e Lopez a Madrid. Ho capito subito la bellezza della Sardegna già dall’alto. Gli uruguaiani si trovano bene perché la Sardegna ti fa trovare bene. Per molti non è facile giocare a Cagliari. Devono capire che la Sardegna non è per andare a farsi le vacanze, ma che bisogna difendere una terra e lo dicevo sempre anche ai nuovi arrivati. Io sono orgoglioso di avere due figli sardi ai quali parlo ogni giorno della Sardegna, come sicuramente lo fa Conti. Per me Daniele è il giocatore più importante del Cagliari degli ultimi 15 anni». Ma per i nuovi però non è sempre facile ambientarsi e l’ex centrocampista rossoblù lo spiega attraverso il proprio vissuto: «Quando sono andato via la seconda volta perché mi mandò via Cellino, mi chiamò Colantuono all’Atalanta ma non sentivo le stesse cose per la maglia della nuova squadra. Come quando andai al Como, sentivo che mi mancava qualcosa che ho trovato solo a Cagliari. Per questo dico che non è facile insegnare ai nuovi l’attaccamento ai colori»
A distanza di anni Abe ricorda i motivi proprio di quella cessione al Como nel 2003: «L’ha voluto Ventura. È stato uno dei momenti più brutti della mia carriera. Poi ho avuto la fortuna di tornare a Cagliari e giocare il campionato della promozione. Quello è stato il mio anno più bello».
L’ex numero 18 rossoblù non ha mai nascosto il desiderio di allenare la squadra del suo cuore: «Ci andrei subito. Ora Gianfranco deve rimanere per tanto tempo sulla panchina rossoblù perché se lo merita. Ma ho un sogno nel cassetto, com’è stato quello di venire a giocare in Europa: allenare il mio Cagliari. Spero di avere un giorno di nuovo la fortuna di rivestire quei colori». E conclude con una promessa: «Mi piacerebbe vedere una partita del Cagliari in curva nord, lì ho conosciuto tanta gente. Spero di andarci quando il Cagliari andrà bene. Sono otto anni che non vengo in Sardegna. Prometto di tornare, a maggio o a dicembre verrò sicuramente».