Cellino e il carcere: "Quando segnava il Cagliari i muri di Buoncammino crollavano" - Cagliari News 24
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2013

Cellino e il carcere: “Quando segnava il Cagliari i muri di Buoncammino crollavano”

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Il presidente del Cagliari ha voglia di parlare della sua esperienza recente, fatta di un cammino che lo ha visto passare per la detenzione in carcere ma anche, su uno sfondo sempre a fuoco, di una querelle infinita circa lo stadio dove far giocare i rossoblù.

Nel corso dell’intervista apparsa oggi sulle pagine de L’Unione Sarda, Massimo Cellino risponde così a chi gli attribuisca delle colpe nella vicenda (con particolare riguardo al comunicato-sfida alla vigilia della partita con la Roma): “Fesserie. In vita mia ho avuto a che fare con decine di questori, prefetti, sindaci e non ho mai mancato di rispetto a nessuno. Ma la burocrazia ha bisogno di alimentarsi di continuo, diventa un mostro. Soltanto in cella ho compreso che c’era gente che mi aveva fregato soldi. Is Arenas? Dopo un anno ancora non ho capito quali sono i cancelli miei e quali del comune.
Ho sbagliato tante cose, continuo a sbagliare ogni giorno, ma non in questa storia. Io voglio dare una casa al Cagliari e ci riuscirò. Non scappo in America. Sono nato qui, morirò qui“.

Cellino cita sia Is Arenas che il Sant’Elia riferendosi alla “casa sarda” del Cagliari, e spiega: “Ho messo su Is Arenas in 60 giorni, tutto è possibile. Ma bisogna spersonalizzare la vicenda, perché il Cagliari non è di Cellino e tantomeno di Zedda...”

Il presidente precisa che si è sentito tradito dalla macchina dei poteri: “Non dalla Sardegna, ma dalle istituzioni sarde. I politici? Hanno avuto paura. Perché con gli arresti è questo il messaggio: se capita a Cellino, può succedere anche ad altri che magari hanno anche scheletri negli armadi. Comunque, non mi importa nulla della politica. Rispetto Mauro Pili, che è stato solidale, non aveva motivi di convenienza nel venirmi a trovare in cella, era già capolista. Ma il mio voto l’ho dato a Bustianu Cumpostu. L’Italia è allo sbando, ci stiamo vendendo anche l’anima per non pagare l’Imu“.

Parlando poi dell’esperienza dietro le sbarre, Cellino non nasconde il sentimento di vergogna che gli era attribuito: “Era vero. Mi vergognavo e ancora mi vergogno. Ma non per quella frase sulle mie ‘spiccate attitudini delinquenziali’, non sono uno stinco di santo. Ma perché il carcere è comunque un’umiliazione, un’esperienza difficile da spiegare. Sì, per un po’ di tempo ho avuto vergogna anche di tornare dai miei familiari“.

Sulle ragioni della sua carcerazione il presidente chiama in causa la fede (“Perché l’ha voluto Dio“) e spiega: “Io sono ricco, un privilegiato. E’ in carcere che incontri Dio e capisci il nulla che siamo. L’unica cosa bella che io posso fare è regalare emozioni a tanta gente povera. Ho visto fare l’abbonamento a padri di famiglia che hanno problemi a comprarsi le scarpe. Quand’ero a Buoncammino, durante le partite, passavo il tempo a pregare. Quando segnava il Cagliari venivano giù i muri, era tutto uno sbattere di pentole. Ho giurato a me stesso che devo ripagare questi tifosi, fosse l’ultima cosa che faccio“.

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