2013

Amarcord: 20 anni fa partiva la cavalcata UEFA

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Per certi versi sembra passata una vita, ripensando a quelle immagini un po’ sfocate che sembravano arrivare da un altro pianeta; per altri sembra ieri, se si lascia che sia la passione a ricordare, a rivivere le gesta di quella squadra eroica.

Sono passati esattamente vent’anni da quel 16 settembre 1993 in cui un Cagliari targato Bruno Giorgi iniziava la sua avventura in Coppa Uefa da Bucarest, dove affrontava la Dinamo per i trentaduesimi di finale.
Fiori, Aloisi, Pusceddu, Bellucci, Firicano, Bisoli, Moriero, Allegri, Dely Valdes, Matteoli, Oliveira; nel secondo tempo anche Pancaro e Cappioli. Questi gli uomini che quel giorno persero 2-3 in forza della doppietta di Moldovan, del gollonzo di Pusceddu con la decisiva complicità del portiere Prunea, di una zampata del solito Dely(rio) Valdes e del gol allo scadere di Pana su rigore.

Nell’arco di quella stagione il gruppo guidato da Giorgi crebbe in modo quasi incredibile, grazie alle qualità dei giocatori ed alle capacità tecniche ed umane di quel gentiluomo arrivato da Pavia (ma reggiano d’adozione). La mina vagante Cagliari fu in grado di ribaltare le sorti della qualificazione al ritorno in quel Sant’Elia che si trasformava in un fortino ribollente di rossoblù: 2-0 firmato Matteoli e Oliveira in una partita dura (tre espulsi) ma dominata con una personalità da grande squadra.

Da lì in poi fu come vivere in un sogno: superato il Trabzonspor fu il turno del Malines, con una vittoria corsara che ancora fa venire i lucciconi ai sardi che vivono lontano e ricordano la corsa matta del solitamente flemmatico Matteoli, portabandiera della sardità che gridava il suo orgoglio in eurovisione.
E poi la Juventus ai quarti, sconfitta a Cagliari e addirittura a Torino, nonostante un generoso rigore per i bianconeri e tutti gli sfavori del pronostico.

Perfino in semifinale contro la blasonata Inter ci fu la sensazione di poter rendere il miracolo ancor più clamoroso: il gol di Pancaro allo scadere fissò il risultato di andata su un 3-2 che fece esplodere lo stadio in un tripudio di speranze. Il match di ritorno fece franare le speranze di sollevare il trofeo, e proprio come nei sogni sono immagini che nei ricordi di tifoso sfumano, cercano invano la rimozione.

Quello che resta di quel clamoroso torneo, al netto di una coppa che contro l’altra finalista Casino Salisburgo sarebbe stata alla portata, è un ricordo indelebile. Dei risultati, certo; delle azioni dei gol, ovvio. Ma soprattutto il ricordo di aver provato quella strana sensazione che quella squadra avrebbe potuto vincere ovunque, ottenere ogni successo. E quando il nostro vicino allo stadio ventila speranze di qualificazione non sta pretendendo troppo dal destino, non sta vaneggiando: sta solo rincorrendo il profumo di quella sensazione.

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