2013

Cagliari, approccio timido ed errori difensivi. Le ambizioni passano per un cambio di mentalità

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La premessa è d’obbligo: era difficile. Affrontare il Milan a San Siro ad armi pari e riuscire a strappare un risultato positivo contro una grande squadra, vogliosa di riscattarsi dopo la sconfitta all’esordio in campionato, e per di più su un campo storicamente ostico, era impresa ardua. 

Forse il tangibile entusiasmo creatosi attorno ad un gruppo che a dispetto delle voci di mercato ha mantenuto tutti i suoi pezzi pregiati e l’intento, dichiarato, di provare a migliorarsi rispetto alle passate stagioni e cioè di non accontentarsi di una tranquilla salvezza, ha autorizzato a sognare più del necessario. Il Cagliari visto al “Meazza” sbatte il muso contro la realtà, che è pur sempre quella di una provinciale che prima di tutto deve pensare a lottare per non retrocedere. Ma se si vogliono raggiungere traguardi più ambiziosi, il salto di qualità, prima ancora che sul piano tecnico, deve avvenire su quello della mentalità. 

La squadra di Lopez possiede senza dubbio qualità tecniche che le consentirebbero di piazzarsi immediatamente alle spalle delle cosiddette “sette sorelle”. Ma ancora una volta contro avversari di spessore sono emersi tutti i limiti caratteriali già in passato imputati ai rossoblù. L’approccio al match è stato troppo timido, i rossoblù sono entrati in campo un po’ impauriti e hanno mostrato un certo timore reverenziale nei confronti dei rossoneri. Difesa e centrocampo sono apparsi in apprensione sin dalle prime battute, e ciò si è tradotto in disimpegni errati ed errori in fase di impostazione. Certo, il pressing alto del Milan nella prima mezz’ora di gara ha messo in difficoltà il Cagliari, e i mastini della mediana rossonera non hanno concesso a Conti e compagni la libertà di ragionare e orchestrare la manovra per mettere le punte nell’uno contro uno contro i lenti centrali rossoneri. Ciò è accaduto solo in un’occasione, che ha portato infatti alla splendida rete di Sau

Inoltre, l’approccio alla gara ha prodotto vecchi errori difensivi che si sono palesati in occasione di tutte e tre le reti rossonere: difesa mal posizionata sul primo gol dopo otto minuti, con Dessena che perde la marcatura di Robinho, libero di mettere in rete indisturbato sul secondo palo una palla che attraversa tutta l’area di rigore; errata esecuzione del fuorigioco in occasione del secondo gol, con Mexes libero di piazzare il tap in dopo una respinta di Agazzi sul bolide di Balotelli; infine, respinta corta al centro dell’area di Ariaudo su un traversone innocuo che permette allo stesso Balotelli di mettere a segno la terze rete milanista. Un campionario di errori a cui Lopez, da ex difensore qual’è stato, deve porre rimedio il prima possibile. Ma soprattutto, il tecnico dovrà lavorare sulla mentalità del gruppo se si vuole compiere quel salto di qualità troppo spesso annunciato e puntualmente disatteso dai fatti.

Certo, le attenuanti ci sono tutte e non si può pretendere che alla seconda giornata si vada a San Siro a fare la partita. L’atteggiamento da grande squadra non è una cosa che si acquista dall’oggi al domani: è un processo che richiede tempo, addirittura anni, come dimostrano gli esempi di squadre come Napoli e Fiorentina, e infine necessita di grandi giocatori che quella mentalità la hanno insita nel dna e riescono a trasmetterla alla squadra. No, al Cagliari non si chiede questo. I tifosi ne sono consapevoli, nonostante la passione, in occasioni come queste, prevalga sempre sulla ragione. Ma è lecito domandare e attendersi più coraggio e un pizzico di sfrontatezza da un gruppo che possiede qualità tecnico-tattiche e valori morali per ambire a traguardi più elevati. Arriva la sosta, utile per lavorare su questi aspetti. Tra due domeniche nuovo banco di prova per testare il carattere dei rossoblù: c’è la corazzata Fiorentina e un altro tabù che resiste da oltre quarant’anni. 

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