2013

Cagliari-Napoli, la rivalità nell’era della tolleranza zero

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Prima la curva dello Juventus Stadium, adesso anche quella di San Siro e dell’Olimpico di Roma rimarranno chiuse. La linea dura imposta dalla giustizia sportiva per punire i cori che suscitano discriminazione territoriale non fa sconti a nessuno. Una linea che ha fatto storcere il naso alle parti in causa. Come si può non pensare a tutto questo in vista di Cagliari-Napoli al Sant’Elia di domani, davanti a circa 5 mila spettatori? Chi conosce il clima infuocato del Sant’Elia quando sul campo scendono i partenopei, capisce subito che quel pezzo di stadio aperto sarà un osservato speciale. C’è voglia di vedere il Cagliari fare una grande prestazione e l’auspico è proprio che quei 5 mila tifosi facciano, come sempre fino ad oggi, il dodicesimo uomo in campo. Dopo la pausa natalizia le prossime sfide nello stadio cagliaritano saranno: Cagliari-Juventus (dove potrebbe presentarsi lo stesso problema), Cagliari-Milan e Cagliari-Fiorentina. Tre partite di cartello che potrebbero costare caro sia ai tifosi rossoblù che alle casse della società di Viale La Playa, per quel poco di guadagnato da quei 5 mila posti. Quindi, oltre il danno, un terzo di stadio aperto, potrebbe arrivare anche la beffa, cioè una squalifica che, se per assurdo dovesse arrivare, metterebbe in seria difficoltà tutto l’ambiente rossoblù: dal tifoso fino al patron Cellino.

Questo tema meriterebbe una riflessione ben più articolata e che va oltre Cagliari-Napoli di domani. Il discorso relativo alla discriminazione territoriale è tutto italiano. Nel resto d’Europa non esiste un problema simile e a confermarlo è stato lo stesso presidente della Uefa, Michel Platini. Per la Uefa, infatti, esiste solo il problema razzismo su cui ci scontra e ci si batte da tanto negli stadi di tutta Europa e non solo. In riferimento alla discriminazione territoriale, come parte lesa per ora si ritrova solo il Napoli. Ma è sufficiente osservare l’atteggiamento riservato ai tifosi sardi negli altri stadi per capire che questa è una storia datata e che arriva da molto lontano.

Soltanto che adesso si è passati da una tolleranza a 360 gradi, come ad esempio il famoso striscione comparso al San Paolo nel 2008 che augurava la morte al presidente Cellino, punito solo con una multa da 4 mila euro, fino ad arrivare ad una linea oppressiva che rischia di creare ancora più confusione. Il confine tra lo sfottò (ritenuto così il coro “Noi non siamo napoletani” in Sassuolo-Inter) e la discriminazione territoriale (lo stesso identico coro che ha fatto chiudere la curva Sud rossonera) rischia di creare, come già accaduto, delle grosse difficoltà anche dal punto di vista legale. E’ chiaro che un clima più sereno negli stadi aiuterebbe a rasserenare gli animi di tutti. Tuttavia questo pugno di ferro imposto dalla giustizia sportiva non sembra stia dando i frutti sperati. Intanto da queste parti rimbomba ancora quel «Andrebbe sbattuto nei monti sardi» pronunciato dal presidente della Lega Pro, Mario Macalli, nei riguardi del questore di Salerno dopo lo scandaloso derby tra Nocerina e Salernitana. Ma la Sardegna è un’altra cosa e questa ormai è passata come un classico della battuta italiana, anche se non fa più ridere da un pezzo.

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