Cagliari, Riva: «Io di nuovo in società? Vedremo» - Cagliari News 24
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2014

Cagliari, Riva: «Io di nuovo in società? Vedremo»

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Gigi Riva ha rilasciato una lunga intervista a Il Fatto Quotidiano, spaziando dalla politica al calcio, passando per la sua Cagliari, città nella quale Rombo di Tuono vive tutt’oggi: «Cagliari oggi, come tutta la Sardegna, è povera, anzi impoverita, negli ultimi anni s’è sfaciato tutto. Se i politici sardi avessero un residuo di dignità restituirebbero i vitalizi alla Regione, incredibile, si sono assegnati uno stipendio tra i più alti in Italia. Siamo quattro gatti e ci facciamo la guerra tutti i giorni».

SCUOLA CALCIO- «Aprimmo la “Scuola calcio Gigi Riva” nel ’76, fu la prima in Italia. È un servizio, da noi chi non può pagare non paga, tutti devono poter giocare a pallone. Oggi un ragazzo se vuole fare il calciatore deve chiudere a chiave il padre. Il chiodo fisso del genitore è allargare il giro d’affari, il primo contratto da professionista. In campo invece non basta la disciplina, il segreto è correre sapendo dove andare. Qualcuno deve dire al ragazzo che si può arrivare secondi, è che se un giorno non giocherà in Serie A comunque ci avrà provato. Per migliorare è fondamentale l’esercizio quotidiano. Io con il piede destro salivo a fatica lo scalino del tram, Silvestri e Tognon mi misero davanti a un muro per mesi, al primo anno di A segnai un gol di destro alla Juve. Io non sono un riferimento in questo, ma dico ai ragazzi di non fumare».

CAGLIARI DI ZEMAN- «Zeman farà un mazzo così ai giocatori, scherzo. Lui è un educatore, Giulini mi ha chiesto di dare una mano in società, devo pensarci».

L’ARRIVO IN SARDEGNA- «Mamma morì poco prima che il Cagliari mi chiamasse. Mi misero in collegio, servivo messa, c’è mancato pochissimo che diventassi santo. La Sardegna era lontana, mi faceva paura, ci mandavano gli ergastolani e i carabinieri in punizione. Non volevo restare. Quando giocavamo in trasferta ci guardavano come alieni, come una porcellana esotica. E gli insulti fioccavano. Solo laziali e romanisti ci manifestavano qualche simpatia, ma con cautela. Dopotutto eravamo il solo ostacolo allo strapotere di Juve, Inter e Milan».

LA SQUADRA DEL ’70- «Scopigno andava preso sul serio, però risultammo un manicomio vincente. Il fratello di Niccolai faceva l’uomo-cannone in un circo di Stoccarda. Conosciuto il fratello Scopigno cominciò a capire anche Niccolai, un grande stopper. Segnava autoreti perché era generoso. Albertosi voleva mandarlo dallo psicanalista».

NAZIONALE- «Non mi aspettavo che l’Italia uscisse al girone del mondiale, pensavo che il più fosse fatto dopo la vittoria con l’Inghilterra. In Brasile siamo arrivati molli. Balotelli è stato preso di mira, ma lui non ha più colpe dei suoi compagni. È un buon giocatore, ma deve trovare serenità nella vita di tutti i giorni. Prandelli non ha sbagliato, ha perso i pezzi per strada, ha lasciato giovani interessanti. Non so chi vincerà il mondiale, ma la sorpresa è stala la Costa Rica, Brasile e Argentina sono Neymar e Messi, le altre arrivate ai quarti sono forti e organizzate».

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