Ex Rossoblù
Cellino: «Il mio Cagliari non tornerà più. Barella? Presto andrà via anche lui»
Brescia, Cagliari, settore giovanile rossoblù e Sardegna Arena: un Massimo Cellino a tutto tondo si è raccontato a YouTG.net
Il Leeds è alle spalle, Massimo Cellino è pronto a tornare protagonista nel calcio italiano. Presto l’imprenditore sardo sarà proprietario del Brescia, club che parteciperà al prossimo campionato di Serie B. Raggiunto a Bonifacio dal giornalista Franco Ligas per la web TV YouTG.net, Cellino ha spiegato la scelta di puntare sulla Leonessa, riallacciandosi al suo passato alla guida del Cagliari, di cui è stato padre-padrone dal ’92 all’estate 2014. Ventidue anni difficili da dimenticare per il classe ’56: «Fare il presidente di una squadra di calcio per me è ormai un mestiere, non più una passione come quando ero a Cagliari. Io ho comprato il Cagliari nel 1992 perché era la squadra della mia città. Era un hobby, fatturava 20 miliardi all’anno e ne perdeva uno e mezzo. Poi il calcio è cambiato e le perdite sono aumentate. Le aziende vanno portate in utili e mi sono messo a lavorare. Retrocedetti, dopo 4 anni di sofferenza riportai il Cagliari in Serie A e dissi: “Ora vendo il Cagliari, perché non ce la faccio più”. Ma non trovai nessuno che lo comprava e allora ho imparato a fare l’imprenditore nel calcio. Non ho 10 milioni all’anno da perdere. Quando mi chiedevano quale fosse il mio sogno rispondevo di voler vincere lo scudetto e guadagnare 100 milioni».
STADIO – Come in Sardegna, anche a Brescia Cellino dovrà affrontare il problema stadio. «Parliamo di Brescia, perché se parlo del Cagliari mi arrestano. Cagliari fa parte del mio passato, triste passato. Se vogliono a Brescia faccio lo stadio in tre mesi, come ho dimostrato di farlo a Cagliari, con soldi miei senza chiedere fondi o prestiti. Nella mia vita ho fatto un grosso errore, quello di non mandare via Renzo Ulivieri e che mi è costato 4 anni di Serie B. La Sardegna Arena? Anche i fili d’erba e i cancelli sono gli stessi dello stadio di Is Arenas. Dicevano che non era amovibile. Io l’ho smontato e rimontato. I tifosi? Loro vogliono divertirsi, andare allo stadio e vincere qualche partita. Cagliari ha poco, gli è rimasta la squadra in Serie A. Mi auguro che ci resti tantissimo, amerò e tiferò sempre Cagliari, resta la mia squadra, ma non fatemi pensare al male che mi hanno fatto e al male che hanno fatto a questa terra». Arriva poi una battuta che sa di frecciatina all’attuale presidente Tommaso Giulini: «Il Cagliari è il mio sangue e la mia vita. Però… Non inquinavo abbastanza (ride, ndr). Povera Sardegna mia, come ti sei ridotta».
SPAREGGIO ’97 – Alla presidenza del Cagliari ha raggiunto le semifinali di Coppa Uefa, ma non sono mancati momenti meno felici. Come le due retrocessioni, a cui hanno fatto seguito le promozioni del ’98 e del 2004. La rabbia per lo spareggio play-out del ’97 riaffiora nelle parole dell’ex patron rossoblù: «Il più grosso dolore dopo la morte di mio padre. Siamo retrocessi e ritornati con dignità. È stato uno schifo. Non hanno fatto l’antidoping per quella partita, l’arbitro ci ha dato due rigori contro. L’allenatore del Piacenza aveva già firmato per il Napoli, tutti i napoletani tifavano per il Piacenza e spaccarono i pullman dei tifosi cagliaritani. Da lì nasce l’astio tra Cagliari e Napoli».
IL CAGLIARI DI GIULINI – Affiorano poi le divergenze con Tommaso Giulini. «Il Cagliari mi manca tantissimo, però è gestito bene, hanno fatto una bella squadra di giovani sardi e vincenti. So che hanno comprato un giocatore nuovo, Andrea Cossu, una novità per il Cagliari, è il futuro del Cagliari». Poi torna serio: «Il Cagliari che avevo io non tornerà più. Ricomprarlo? Nemmeno se mi danno Cagliari e soldi. Ho già dato, non posso più farlo. Ho incontrato due settimane fa Borriello e gli ho detto che avrebbero vinto entrambe le prime due partite di campionato. Juventus e Milan è meglio incontrarle all’inizio. I soldi nel calcio non si fanno vendendo i giocatori, ma gestendo. Io quando vendevo qualcuno investivo i soldi in altri giocatori. In tre anni quanti giocatori sono rimasti di quelli che avevo io? Nessuno, sono tutti andati via, anche Murru e Del Fabro. Il prossimo è Barella. Non c’è settore giovanile. Con Matteoli avevamo scelto di fare una politica tutta sarda. Adesso non c’è più un allenatore sardo e non ci sono più ragazzi sardi nel settore giovanile. Non capisco cosa stiano facendo. Gestiscono il Cagliari per loro interesse, non per un discorso sociale e di appartenenza».