Hanno Detto

Cera: «Arrivai al Cagliari di controvoglia e andai via malvolentieri, ci chiamavano “pecorai” e…»

Pubblicato

su

Le dichiarazioni di Pierluigi Cera, ex giocatore del Cagliari e importante giocatore della squadra che ha vinto lo Scudetto

Idolo, talento e primo libero italiano moderno. Pierluigi Cera si racconta ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Ecco, di seguito, le sue dichiarazioni su diversi temi: dal suo Cagliari a Gigi Riva passando per Manlio Scopigno, Comunardo Niccolai e il suo addio alla Sardegna.

LIBERO – «Sono diventato libero per caso, l’anno dello scudetto. Si era fatto male Tomasini. Eravamo in 17, giocavo a centrocampo, davanti alla difesa. L’allenatore Scopigno mi ha chiesto se potevo scalare dietro. Abbiamo un po’ discusso. Gli ho detto che andava bene, ma che se lo dovevo fare allora lo avrei fatto a modo mio senza aspettare il pallone. Credo abbia detto sì».

LIBERO ALLA CERA – «Libero italiano alla Beckenbauer? Non esageriamo, diciamo alla Cera. E mi ha fatto tanto piacere sentire poi dire che Scirea e Trivella si erano ispirati a me».

SQUADRA – «Eravamo una grandissima squadra. Là davanti c’era Riva, il numero uno, ma eravamo soliti in tutti i reparti. Portiere, difesa, attacco e centrocampo. Abbiamo subito solo 11 gol. Dico 11, con un autorete e un rigore».

AUTORETI – «L’autogol di Niccolai? Hanno esagerato. Una volta mi ha detto “Piero, qui mi massacrano con gli autogol. Sono fatti in tutto cinque. Ma non lo sanno che Baresi e Ferri ne hanno fatti quasi il doppio?”».

NICCOLAI – «Lo chiamavo “Agonia”. Communardo camminava tutto storto, ciondoloni, sembrava pieno di dolori. Ma era un gran difensore, chi è stato marcato lo sa. Si esaltava con gli attaccanti più forti e famosi. Andate a chiedere ad Altafini, Sormani, Boninsegna. Per Niccolai parlano numeri. Vincemmo lo scudetto segnando 32 gol, 21 di Riva, e incassandone appena 11. Un record, merito anche di Agonia».

GIGI RIVA – «Riva era un amico, un favoloso compagno di squadra. Un po’ ci somigliavamo. Eravamo schivi, silenziosi, parlavamo poco. Si lavorava, eravamo felici, abbiamo vinto e ci hanno fatto sentire tutti degli eroi. Lui è arrivato nel 1963, io l’anno successivo. Pensa c’era andato controvoglia, la Sardegna allora ci sembrava un po’ lontano e misteriosa. Con Gigi sono rimasto 9 anni e si poteva vincere di più. Cagliari resterà per sempre nel nostro cuore, siamo stati tutti bene. Gigi si è fermato per tutta la vita, Io sono venuto via malvolentieri. Ormai la Sardegna mi era entrata dentro».

CAGLIARI – «Provavo un grande, smisurato orgoglio. Eravamo dei signori professionisti, c’era il nostro Manlio, un uomo, Un allenatore meraviglioso. Fumava un po’, vero. Ma Gigi fumava di più. Il ricordo è il calore, il grande affetto nel giorno della partita. La mia Sardegna è stata piena di bella gente, discreta, un po’ sulle sue, ma quando decideva di aprirsi ti dava tutto. Si giocava all’Amsicora, uno stadio piccolo, famigliare. La tribuna d’onore erano quattro gradoni di cemento coi numerini pitturati. Una sola curva. Ma a mezzogiorno era tutto pieno, un tifo dolce, molto civile. Non come a Milano e a Torino, dove ci accoglievano con sassate sul pullman e per tutta la partita ci urlavano “banditi” e “pecorai”. L’ho detto tante volte adesso lo ridico con il cuore in mano: io che non ci volevo andare sono felice di aver fatto qualcosa, e non è un caso se molti del gruppo-scudetto sono rimasti a vivere a Cagliari a fine carriera».

MEXICO ’70 – «La partita del secolo? Avrei dei dubbi. Ha ragione Rivera quando dice: supplementari del secolo. I primi 90 minuti non sono stati molto esaltanti, quello che è successo dopo invece è roba da fuori di testa».

ITALIA – «Il c.t. Valcareggi mi fa esordire da mediano nel 1969. Poi anche lì, pensi i casi della vita, sono scalato. Il titolare era Salvadore della Juventus. Purtroppo è stato sfortunato. Due mesi prima del mondiale giochiamo a Madrid contro la Spagna, siamo in vantaggio 2-0, con i gol di Anastasi e Riva. Bernabeu conquistato, non ci prendono più. Salvadore nel giro di due minuti fa due clamorose autoreti. Non è stato più convocato. Nella prima partita in Messico contro la Svezia il libero sono io, comn Niccolai stopper».

PARTENZA DA CAGLIARI – «Stavo bene, benissimo. C’era un presidente, Paolo Marras, dirigente molto bravo e corretto. Gli è subentrata un accordata. Alle ore 21 dell’ultimo giorno di mercato, nell’estate del ’73, Marco, Ho saputo che mi avevano ceduto al Cesena. Il primo anno me lo sono goduto: ambiente simpatico, e poi volevo dimostrare di non essere finito. Pensavo di retrocedere e quindi di smettere, invece siamo arrivati undicesimi. Così la stagione successiva. L’anno dopo siamo arrivati in Coppa Uefa. Ho lasciato a 37 anni, poi ho fatto il direttore sportivo fino al 2000. Sono in Romagna da 50 anni».

LIPPI – «Sì, l’ho preso dalla Carrarese in Serie C. Poi ho avuto anche Albertino Bigon. Hanno vinto scudetti. In primavera ho avuto pure Arrigo Sacchi, mica male eh?»

Exit mobile version