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Gigi Riva: «Ho paura di commuovermi al punto da non riuscire a vedere tutto il documentario»

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Alle 19 in punto verrà trasmessa la prima del docu-film dedicato alla vita dell’uomo simbolo del calcio italiano

Oggi è il giorno che si aspettava, alle ore 19 il Teatro Massimo ospiterà la prima del docu-film sulla vita di Gigi Riva, “Nel nostro cielo un Rombo di Tuono”; realizzato dal regista Riccardo Milani. L’Unione Sarda per l’occasione ha voluto intervistare l’ex attaccante del Cagliari scudettato nel 1969-1970. Queste le sue parole:

DOCU-FILM – «Ci sarò? Non lo so, credo deciderò all’ultimo momento. Ho paura di commuovermi al punto da non riuscire a vedere tutto il documentario. Certo questa è una giornata ricca di emozioni: il film, il compleanno e perché no, potrei anche decidere di andare a festeggiare assieme alla mia famiglia e agli amici più stretti dal mio amico Giacomo Deiana».

RICCARDO MILANI – «Lui ha alle spalle una lunga carriera professionale. È venuto a casa mia, me ne ha parlato, anche se è un’idea che covava da tanto tempo e, alla fine io ci sono stato».

RIVA A 360 GRADI – «Gli stati d’animo, le difficoltà, le paure, ma anche le emozioni della mia infanzia e adolescenza, quello che ho provato e vissuto prima di arrivare in Sardegna sono parte di me».

CAGLIARI – «Venire qui è stata una mia scelta, anche se la vedevo all’epoca come una terra lontana. Ma avevo bisogno di andare via da Leggiuno, era un periodo in cui soffrivo tanto, diversi lutti avevano colpito la mia famiglia e io avevo bisogno di cambiare aria».

AFFETTO DEI SARDI – «Cagliari mi ha fatto diventare uomo e un professionista a calcio. Mi ha accolto a braccia aperte come un figlio, ma anche in altri luoghi dell’Isola io mi sono sempre sentito come a casa. Le manifestazioni d’affetto e di simpatia non sono mai mancate a Nuoro, Sassari, Oristano, Alghero e, tanti altri centri più piccoli che ho avuto il piacere di visitare e dove ancora ho tanti amici».

MONDO DEL CALCIO – «No, guardo qualche partita, in particolare la serie A, ma è cambiato molto dai miei tempi. Non mi emoziona più come prima, indossare quella maglia aveva un grande valore anche fuori dal campo, erano diverse le relazioni che si instauravano tra giocatori: amicizia e rispetto non sono mai venuti meno. Oggi non è più così». 

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