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Gigi Riva, la leggenda del Rombo di Tuono – VIDEO
Dallo storico scudetto al record di gol in Nazionale: l’ascesa di Gigi Riva, dai campetti di Leggiuno al tricolore con il Cagliari
Luigi Riva nasce a Leggiuno – circa 25 km da Varese – il 7 novembre 1944 in una casa sorta di fianco ad una fattoria, a poca distanza dal campo di calcio dell’oratorio. Quasi una metafora della sua infanzia, passata tra gli stenti di una famiglia non agiata – padre sarto e barbiere – ma con in testa una cosa sola: il calcio. Il Gigi Riva ragazzino è totalmente diverso dal Riva che tutti (o quasi) conoscono: è vispo ed irrequieto, mal disposto a studiare. Nel giro poco più di un lustro passa dalle cronache locali dei tempi del Leggiuno a far parlare di sé anche in Inghilterra, tanto da essere definito all’unanimità il più famoso giocatore italiano dell’epoca successiva alla Seconda Guerra Mondiale. La sua, però, è un’infanzia particolarmente difficile: la morte del padre quando il giovane Luigi aveva solo 9 anni, della sorella due anni dopo e le difficoltà economiche che portarono la madre a lavorare in una filanda: quella di Gigi Riva è stata un’infanzia drammatica. Nel 1962 perse anche la madre e una serie di disgrazie pesarono e forgiarono il carattere schivo del Gigi Riva uomo, che difficilmente si fa vedere sotto i riflettori. «La mia è la storia di un uomo che, tutto sommato, è stato fortunato, perché sognava di diventare bravo in un gioco che poi è diventato un lavoro. Ma molte cose di questo genere le sacrificherei volentieri per correggere un po’ la mia infanzia», le parole dell’ex attaccante qualche anno fa.
Gigi Riva, caratteristiche tecniche
Il soprannome Rombo di Tuono non è un caso: il centravanti lombardo è conosciuto, oltre che per il gran numero di reti messe a segno in carriera, per la potenza del suo sinistro, considerata tutt’ora straordinaria. E’ nato ala ma è stato poi reinventato, con risultati eccellenti, puro centravanti. Veloce e prorompente, prediligeva accentrarsi dalla sinistra per concludere a rete. Abile palla al piede, Gigi Riva aveva un fisico tale da poter sfruttare anche i palloni alti: da mandare in rete di testa come nel caso del memorabile tuffo contro la Germania Ovest che portò l’Italia a Messico ’70 o in acrobazia, come quel gol – diventato storia – rifilato al Lanerossi Vicenza nel 1969/70.
Gigi Riva: gli esordi e l’inizio della carriera
Muove i primi passi nella squadra dell’oratorio di Leggiuno, il “San Primo“. Poi il primo contratto con il Laveno, Prima Divisione. Il trasferimento alla squadra del vicino paese è più complesso del previsto: il giovane Gigi Riva viene a conoscenza dell’interessamento del Varese, società di Serie B, e punta i piedi per passare direttamente al grande calcio senza fare la cosiddetta gavetta. Alla fine il Laveno ha la meglio e si assicura il giovane attaccante. Giovane ma già pronto per ben altri palcoscenici: alla prima stagione segna 30 reti, alla seconda 36. Nel 1962/63 passa in Serie C al Legnano, club con cui – appena diciottenne – mette insieme 23 presenze e 6 gol.
Gigi Riva al Cagliari
A 19 anni Gigi Riva soddisfa il suo desiderio, sopito al momento della firma con il Laveno, di approdare in Serie B: a prelevarlo dal club varesotto è il Cagliari. Quando Riva apprende la notizia è sull’aereo di ritorno da Roma dopo una gara con l’Italia Juniores. A dargliela è il suo allenatore: «Ti abbiamo venduto». Nella mente di Riva si stagliano vari scenari: l’Inter? Il Bologna? La risposta gliela dà lo stesso Lupi: «Andrai al Cagliari». «Per me era come se fosse caduto l’aereo», rivelerà Riva parecchi anni dopo. Al ritorno a casa è sua sorella Fausta a convincere il giovane attaccante a riflettere sulla possibilità di accettare le avances del club sardo. Si giunge ad un compromesso: il presidente del Legnano promette a Riva di strappare il contratto qualora non si fosse trovato bene dopo qualche giorno nella città sarda. L’impatto visivo con l’isola è noto: «Arrivammo a Cagliari di sera e quando vidi le luci nel golfo mi lasciai scappare: “Quella è l’Africa”. Lupi si arrabbiò e mi diede un calcio nel sedere. Il giorno dopo andai al campo, l’Amsicora, che non aveva un filo d’erba e pensai: “Dove sono capitato”». L’inizio è tutt’altro che positivo ma il richiamo della Serie B, per lui che non l’aveva mai giocata, è troppo forte ed il contratto rimane integro. E’ l’inizio della leggenda di Gigi Riva: quegli scuri giorni su quell’Isola bistrattata dal resto d’Italia sono soltanto i primi della sua carriera con il Cagliari. Un’esperienza che durerà tredici anni e nella quale Riva avrà modo di capire ed apprezzare appieno tutte le sfaccettature dei sardi, che lo porteranno a rifiutare persino la Juventus, che in tutti i modi aveva provato a vestirlo di bianconero. La storia di Riva è intrisa di valori extracalcistici che, abbinati alle sue qualità sul terreno di gioco, ne fanno una leggenda. Leggenda che è stata anche raccontata in più di un libro.
L’avventura rossoblù inizia grazie all’ambizione di giocare la Serie B e prosegue con il grande salto in Serie A: i sardi di Arturo Silvestri chiudono al secondo posto anche grazie alle 8 reti di Riva ed a fine stagione festeggiano la prima storica promozione in massima serie. L’avventura sarda, dopo le prime negative impressioni, non potrebbe andare meglio: gli isolani a fine stagione chiudono al settimo posto, Gigi Riva migliora lo score dell’ultimo campionato toccando quota 9. Non male per un esordiente, tanto che Fabbri, allora ct dell’Italia, lo convoca appena ventenne e lo fa esordire in azzurro nel giugno 1965. Nel campionato successivo Riva riesce a migliorare ulteriormente i suoi numeri andando a segno in 11 occasioni, ma la stagione della definitiva consacrazione è quella del 1966/67: le sue 18 reti in Serie A gli consegnano il titolo di capocannoniere del torneo e permettono al Cagliari di piazzarsi al sesto posto nella graduatoria finale. Se il record del club – considerando la piccola realtà isolana – sembra difficilmente migliorabile, Riva ha grandi margini per sviluppare le sue doti. Il centravanti lombardo aveva chiuso infatti l’annata in netto anticipo a causa di un grave infortunio occorsogli nel marzo ’67 con la maglia della Nazionale. Tornato in campo nella stagiona successiva, Gigi Riva abbassa leggermente la media realizzativa rispetto al campionato precedente, segnando 13 reti in 26 gare. Messo alle spalle l’infortunio, l’attaccante di Leggiuno spicca definitivamente il volo affermandosi come il miglior attaccante italiano dell’epoca, conquistando per altre due volte il titolo di capocannoniere nelle stagione 1968/69 e 1969/70. Una valanga di reti che, per poco, non consegna al Cagliari una doppietta di storici scudetti. Del campionato 1968/69 lo stesso Riva dirà, anni dopo: «Lo scudetto potevamo già vincerlo nel ‘68/69, quanti torti arbitrali…Le grandi piazze erano troppo potenti, noi piccoli piccoli e troppo deboli per competere pur avendo mezzi tecnici ed un super allenatore». In quella stagione i sardi avevano chiuso l’anno solare da campioni d’inverno e nel girone di ritorno si era delineata la lotta per il tricolore, che vedeva in corsa rossoblù, Milan e Fiorentina.
Nel marzo ’69 il Cagliari aveva però ceduto alla Juventus lasciando strada alla Fiorentina, che da allora non sbagliò un colpo e centrò il tricolore staccando i sardi, che chiusero secondi, di quattro lunghezze. L’outsider Cagliari, beffata solo negli ultimi mesi di stagione, si rifa l’anno successivo: Gigi Riva migliora di una rete il suo score personale portandosi a 21 e, soprattutto, portando il Cagliari sul tetto d’Italia. Un successo storico per il campionato italiano: è la prima squadra del Sud a trionfare nella massima categoria. Un successo che arriva nonostante i cinque mesi di squalifica rimediata dall’allenatore Manlio Scopigno, colpevole di aver insultato un assistente nella gara di Palermo. «Quell’anno non ci ha fermato nessuno perché non avevamo paura di nessuno», dirà Gigi Riva. Il 2-2 a Torino contro la Juventus una delle tappe fondamentali per la costruzione del Mito Cagliari. I sardi arrivano in Piemonte con due punti di vantaggio che in caso di sconfitta sarebbero stati annullati, ma la contesa si chiude sul 2-2. Reti rossoblù, neanche a dirlo, di Gigi Riva. Ma per il leggendario centravanti il momento clou è rappresentato dalla gara casalinga di Bari, passata alla storia per aver consegnato il tanto inseguito tricolore al club sardo: «Ci ha dato la matematica certezza a due giornate dalla fine, eravamo increduli. Soddisfatti ed orgogliosi, ci sentivamo invincibili. In quel momento, però, nessuno di noi si era realmente reso conto dell’importanza del traguardo, sportivo solo in parte. Io l’ho capito col tempo, vivendo questa fantastica terra: quello scudetto è stato la prima rivincita sociale per tutti i sardi, compresi gli emigrati, anzi soprattutto per loro».
Lo scudetto del 1969/70 fa entrare, di diritto, il Cagliari nell’élite del calcio italiano. Gigi Riva, uomo simbolo del miracolo sportivo rossoblù, è invece un icona del calcio nazionale già da qualche anno. E proprio in Nazionale subisce il secondo grave infortunio della sua carriera, a pochi giorni di distanza dal successo per 3-1 a San Siro contro l’Inter durante il quale Gigi Riva è ufficialmente diventato Rombo di Tuono. Un soprannome donatogli dal noto giornalista Gianni Brera, che commentando il successo dei sardi scrisse una frase diventata poi celeberrima: «Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter. Oltre 70.000 spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono». A pochi giorni da quella doppietta che stese l’Inter, Rombo di Tuono è costretto ad alzare bandiera bianca per un intervento falloso dell’ungherese Hof, che gli procura la frattura di tibia e perone della gamba destra.
L’assenza di Gigi Riva ha pesanti conseguenze sul morale ed il rendimento del Cagliari, che senza la propria punta di diamante cala drasticamente di rendimento perdendo la testa della classifica (chiuderà la stagione al settimo posto) ed uscendo dalla Coppa dei Campioni a causa del 3-0 subìto dall’Atletico Madrid, battuto all’andata per 2-1. Il settimo posto del ‘70/71 non scalfisce però le convinzioni di Riva, che tempo dopo dirà: «Comandavamo la classifica, non avevamo rivali. Ricordo come se fosse oggi una partita a San Siro con l’Inter, che poi vinse lo scudetto. Dopo venti minuti dall’inizio del secondo tempo eravamo avanti 3-0 e Sandro Mazzola si avvicinò e mi chiese di rallentare, di non umiliarli davanti ai loro tifosi». L’attaccante di Leggiuno torna in campo alla fine della stagione e la ritrovata condizione fisica viene certificata dai 21 gol messi a segno nel campionato successivo, che vede il Cagliari posizionarsi al quarto posto in classifica. Il treno per diventare una contendente fissa per il vertice del calcio italiano sembra ormai passato: «Forse il giorno del mio infortunio con la Nazionale, a Vienna, si è concluso il ciclo». Un ciclo vincente che aveva portato il Cagliari a conquistare lo scudetto ed a disputare la Coppa dei Campioni a pochissimi anni dall’esordio assoluto in massima serie del club. Chiuso il ciclo, per il Cagliari inizia la parabola discendente. Non per Riva, che prova a tenere a galla la sua squadra segnando 27 reti nelle due stagioni successive. Dopo un ottavo posto e due piazzamenti al decimo, arriva il fatale sedicesimo posto che spedisce il Cagliari di Mario Tiddia in Serie B dopo oltre un decennio – forse quello più florido della storia del club – nell’Olimpo del calcio italiano.
In Nazionale
L’esperienza nella Nazionale Italiana di Gigi Riva si potrebbe sintetizzare in due parole: infortuni e record. I due gravi ed oramai famosi infortuni occorsi al centravanti sono arrivati infatti con la maglia azzurra: il primo nel ’67, quando un’uscita scomposta del portiere portoghese Americo Lopes gli causa la frattura del perone della gamba sinistra; il secondo nell’ottobre del ’70, quando Riva rimedia la frattura di tibia e perone con distacco dei legamenti della caviglia destra a causa dell’intervento falloso dell’ungherese Hof. E poi ci sono i record: Gigi Riva rientra nella ristretta cerchia di calciatori che sono riusciti a segnare una quaterna di reti con la maglia azzurra (in Italia-Lussemburgo 5-0, qualificazioni ai Mondiali tedeschi del ’74). Ma è un altro il record – integro da quasi 42 anni – che ha contribuito a farlo entrare tra i migliori attaccanti italiani (e non solo) di sempre: grazie alle 35 reti segnate in 42 partite, è il miglior marcatore della storia della Nazionale Italiana. Una media di 0.83 gol a gara, dall’esordio a Budapest in Ungheria-Italia del 27 giugno ’65 all’ultima partita in azzurro, giocata nel giugno ’74 a Stoccarda contro l’Argentina in occasione dei mondiali tedeschi. La prima rete arriva alla quarta presenza: in Italia-Cipro delle qualificazioni ad Euro ’68 l’attaccante del Cagliari ne mette a segno addirittura tre. L’ultima risale all’ottobre del 1973, Gigi Riva segna il secondo gol nel finale di una gara di qualificazione ai mondiali dell’anno successivo contro la Svizzera. In mezzo tanti ed importanti sigilli: da quello alla Jugoslavia nella ripetizione della finale degli Europei del ’68 a Roma a quello messo a segno nella semifinale dei mondiali in Messico del ’70 contro la Germania Ovest. Autore di un mondiale tutt’altro che brillante ma galvanizzato dalla doppietta rifilata ai padroni di casa ai quarti, Gigi Riva trovò la rete del momentaneo 3-2 in quella che, finita 4-3 per gli azzurri, fu definita ed è tuttora considerata la Partita del Secolo.
Gigi Riva nel ruolo di Dirigente sportivo
Una volta appesi gli scarpini al chiodo, Gigi Riva ha scelto di continuare a vivere a Cagliari. Nel 1976 ha fondato una Scuola Calcio che porta il suo nome nella quale si è formato il giovane talento del Cagliari Nicolò Barella. Nel 1986/87 il leggendario attaccante è alla presidenza del Cagliari ma lascia dopo pochi mesi l’incarico a Cordeddu. Senza dubbio il ruolo che più ha segnato la carriera da dirigente di Riva è quello al fianco della Nazionale: la sua collaborazione con la FIGC è iniziata nel 1990 come accompagnatore ed è terminata nel 2013 come team manager. Molti degli addetti ai lavori, calciatori in primis, lo considerano fondamentale per il successo nella Coppa del Mondo del 2006.
Gigi Riva, riconoscimenti ed onorificenze
La bandiera rossoblù è stata inserita, inevitabilmente, nella Hall of Fame del Cagliari Calcio. Dal 2005 compare anche nelle “Leggende del calcio” del premio internazionale Golden Foot Award e dal 2011 nella Hall of Fame del Calcio Italiano, nella categoria Veterano Italiano. E’ arrivato secondo nella corsa al Pallone d’Oro 1969 (dietro Rivera) e terzo nell’edizione del 1970, dietro Muller e Moore. Compare anche nella lista delle edizioni 1966 e 1967, in cui si classificò sesto e tredicesimo. Nel ’91 e nel 2000 ha ricevuto, dagli allora Presidenti della Repubblica, le onorificenze di Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana e Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica per meriti sportivi. Nel 2006 e 2016 ha ricevuto, rispettivamente, Stella e Collare d’Oro al merito sportivo dal CONI.
Club
Legnano (1962/63)
Cagliari (1963/76)
Palmarès
Club:
1 Campionato Italiano (Cagliari, 1969/70)
Nazionale:
1 Campionato d’Europa (Nazionale Italiana, 1968); 2° posto al Mondiale (Nazionale Italiana, 1970)
Individuale:
3 Capocannoniere Serie A (1966/67, 1968/69, 1969/70)
3 Capocannoniere Coppa Italia (1964/65, 1968/69, 1972/73)
Il contenuto video fa parte della serie web “Almanacco del Calcio“, prodotto da Sport Review srl.