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Giulini: «Gigi univa e unirà per sempre. Ci manca tanto»

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Tommaso Giulini, il Presidente del Cagliari, è intervenuto in una lunga intervista per parlare del mito Rombo di Tuono, Gigi Riva

Tommaso Giulini, il presidente del Cagliari, è intervenuto in una lunga intervista riportata da L’Unione Sarda sulla storica leggenda rossoblù e della Nazionale, Rombo di Tuono. Queste le parole del presidente su Gigi Riva:

UN ANNO SENZA GIGI RIVA: «Sembra sia passata un’eternità. Ci manca. Tanto».

PRIMA VOLTA INCONTRATI: «Nel suo ufficio di via Tola, una quindicina di anni fa. Io non ero ancora il presidente del Cagliari. C’era l’idea di sviluppare insieme un terreno di San Bartolomeo di cui lui aveva la concessione per creare un centro sportivo per la scuola calcio con un amico comune architetto. Io andai lì con Oscar Erriu, uno dei responsabili del settore giovanile del Cagliari, che ai tempi conosceva molto bene la “Gigi Riva”. Ero emozionato, anche un po’ teso, forse. Mentre lo ascoltavo mi venivano in mente tutti i racconti di mio papà quando ero bambino. Lui, credo, si sia fumato un pacchetto intero di sigarette, nel frattempo. In due ore e mezzo abbiamo parlato di tutto, del progetto giusto una decina di minuti. Ma è stato bello e speciale così».

ULTIMA: «Al telefono, poche settimane prima della sua scomparsa. C’era una questione in Federazione che lo riguardava personalmente che mi aveva chiesto di risolvere e gli stavo facendo un po’ il resoconto. È stata una telefonata breve. Certo non come quella, interminabile, quando siamo tornati da Bari. Interminabile e dura. Due ore e mezzo a cercare di convincerlo che era giusto che fosse lui a premiare il Cagliari per la promozione».

NON BASTAVA: «Eppure avevo tutte le argomentazioni giuste per convincerlo. Ma niente, non c’è stato verso. “Non voglio rubare la scena ai giocatori e alla squadra”, mi ripeteva. Quel premio Balata ce lo voleva consegnare già a Bari, era pronto, ma noi ci rifiutammo. Un po’ perché non ci sembrava giusto nei confronti del pubblico ammutolito, soprattutto perché volevamo farlo con la nostra gente. E quando, il giorno dopo, lo stesso Balata ci ha detto che non sarebbe potuto venire in Sardegna, non mi è sembrato vero. Chi meglio di Gigi avrebbe potuto premiare il Cagliari, considerato anche che era stato lui l’artefice di tutto?».

TELEFONATA A RANIERI: «A quella ma non solo. Ce ne sono state anche altre di telefonate quando le cose non andavano benissimo. Ha contribuito tanto con poche parole. Lui è stato fondamentale poi per l’arrivo di Ranieri a Cagliari. Ma niente, non sono riuscito a convincerlo. “È giusto che il palcoscenico se lo prendano i giocatori e l’allenatore”, insisteva».

CHE IDEA AVEVA DI GIGI RIVA: «Di un campione semplice. Da lombardo come lui, mi ha sempre stupito questa sua scelta di rimanere a Cagliari, soprattutto dopo il calcio. Lui che era uno dei più forti al mondo. Non conoscendo la sua infanzia e le motivazioni di quella scelta, mi sono sempre fatto l’idea di una persona semplice che si era innamorato della Sardegna e dei sardi. Mi affascinava la sua riservatezza. E quando poi Buffon mi ha raccontato che durante i festeggiamenti dei Mondiali nel 2006 era sceso dal pullman perché c’era troppa gente che non c’entrava nulla salita sul carro del vincitore, la cosa non mi ha sorpreso affatto».

COSA TI COLPIVA: «L‘umiltà. E i concetti forti che era in grado di trasmettere con poche parole».

CONQUISTARE LA SUA FIDUCIA: «Forse può aver influito il fatto che anch’io, come lui, non sono una persona particolarmente espansiva o chiacchierona. Forse mi ha pesato nelle difficoltà. Forse ha capito che ho sempre cercato di fare il meglio per la società».

PRESIDENTE ONORARIO: «Devo dire che i suoi compagni, Tomasini su tutti, sono stati determinanti. Quando lui frenava, sempre per il motivo di non voler apparire e rubare la scena, gli hanno spiegato che stava andando a rappresentare tutti loro. E per questo ha accettato alla fine, non per se stesso ma per tutta la squadra. Come sempre ha fatto, del resto».

UN CONSIGLIO: «Un consiglio non legato proprio al campo. Quello di stare attento a chi prova a infilarsi nel Cagliari solo in cerca di visibilità, il mondo del calcio ne è pieno. Meglio avere poche persone vicine in società, ma di cui ti fidi al cento per cento».

UN RIMPROVERO PER AIUTARE A CRESCERE: «Mi diceva che dovevo fare sempre un passo indietro rispetto al gruppo squadra, inteso come giocatori, allenatori, direttori sportivi, e farmi invece percepire più come presidente. Di essere più distaccato e di interpretare il ruolo in modo più istituzionale, anche se non utilizzava proprio questo termine».

COME TRASMETTERE I SUOI INSEGNAMENTI: «Io credo che il Cagliari, nello stile e nel modo di gestire la squadra e la società, sia vicina a quelli che erano i suoi valori. E ora che non c’è più, è ancora più importante tenere la barra dritta e fare delle scelte in continuità con la sua idea. Anche nelle figure, come la scelta di Ranieri, ora quella di Nicola. Profili in grado di rappresentare il Cagliari come avrebbe fatto lui. E anche il ritorno di suo figlio Nicola nel Cda ci aiuterà a evitare di fare determinati errori in questo senso».

NOTIZIA DELLA SCOMPARSA: «Ero nel mio ufficio con Stefano Melis. Poche ore prima in realtà ero stato rassicurato sulle sue condizioni, è stato davvero scioccante. Non ce l’aspettavamo minimamente. Da lì poi siamo entrati in un tourbillon di emozioni contrastanti. Purtroppo, col ruolo che ricopriamo, ci siamo dovuti tutti immergere nell’organizzazione del funerale, e non solo, senza avere il tempo di metabolizzare».

IL FUNERALE: «Quando sono uscito dalla chiesa. Quando ho visto il sole che si addormentava nel mare e la bara che se ne andava. I cori, le lacrime. Sembrava davvero di entrare in Paradiso».

QUALCOSA CHE NON è MAI RIUSCITO A DIRGLI: «C’è un grande rammarico, non averlo potuto frequentare e vivere di più in questi ultimi anni. Io credo che se avesse avuto la stessa forza che aveva quando era il team manager della Nazionale e la possibilità quindi di dialogare più spesso con noi, anche con i giocatori, gli allenatori, avremmo fatto tutti meglio come professionisti e come uomini. È stato giusto, però, che a goderselo sia stata soprattutto la sua famiglia. Anche perché la strada lui ce l’aveva già tracciata. L’esempio di Gigi Riva è nell’aria».

CONCERTO VASCO: «In quel concerto ho incontrato un gruppo di sardi. Quando mi hanno visto, mi sono venuti subito incontro. A dire il vero, hanno riconosciuto prima la maglietta, poi me. Abbiamo fatto tante belle foto insieme con la bandiera dei quattro mori. Gigi univa e unirà per sempre»

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