2013
Givi Riva: “Sono felicissimo che il Cagliari possa giocare davanti ai propri tifosi”
Tra le tante persone favorevoli al ritono dei rossoblù al Sant’Elia c’è anche lui: Gigi Riva, che non era mai stato d’accordo a lasciare il vecchio stadio. Per lui l’unica soluzione era rimanere dove lui e i suoi compagni avevano giocato nel 1970. Oggi “Rombo di tuono” segue sempre con interesse i cambiamenti in casa Cagliari, da Is Arenas al Sant’Elia a “trasferte” forzate. Gli eventi, o meglio, le istituzioni stanno accontentando il desiderio di Riva: (ri)mettere in piedi uno stadio fermo da un anno.
In un intervista rilasciata a La Nuova Sardegna dice la sua l’ex capocannoniere della Nazionale italiana, che sogna un impianto polivalente e definisce una “mancanza di rispetto” lo spostamento dei rossoblù a Trieste, ma smentisce i disaccordi con Cellino, al quale evita di dare consigli di mercato.
Di seguito l’intervista:
Il Cagliari tornerà a giocare dove è andato via poco più di un anno fa. E’ giusto così?
«Secondo me lo stadio di Cagliari dovrebbe essere riportato a come era in origine. E’ stato ristrutturato per il mondiale del 1990 e così deve tornare. E’ uno stadio olimpico che può ospitare manifestazioni sportive a tutti i livelli. Trasformarlo sarebbe un errore. Se invece si vuole fare soltanto calcio, si ragioni in un’altra ottica, costruendone uno nuovo».
Il presidente del Cagliari Massimo Cellino ci ha provato ma non c’è riuscito.
«Prima Elmas, e ci sono stati dei problemi. Poi Is Arenas e sappiamo che cosa è successo. Non si può dire che il presidente non ci abbia provato. E’ vero che oggi si punta sugli stadi di proprietà per far crescere gli introiti, ma forse è destino che il Cagliari resti al Sant’Elia».
Restiamo all’attualità: entro fine settembre l’impianto di via Amerigo Vespucci dovrebbe essere agibile.
«Sono felicissimo che il Cagliari possa giocare davanti ai propri tifosi. Ma aggiungo che è il minimo della soddisfazione. Resto fermo sulle mie posizioni e il sindaco Zedda già a suo tempo avrebbe dovuto impedire il degrado dello stadio. Mi auguro che ci pensi bene prima di autorizzare interventi che rischiano di modificare profondamente la fisionomia della struttura. Per essere ancora più chiaro, io mi schiero con quelli che sono favorevoli alla riqualificazione e combatto quanti sostengono che il Sant’Elia va abbattuto. Il motivo è semplice: è un pezzo di storia della città e la storia non si cancella».
Ci vuole raccontare che cosa ha pensato quando Cellino ha deciso di portare il Cagliari a Trieste?
«E’ stata una mancanza di rispetto nei confronti della tifoseria. C’è stata scarsa considerazione per chi ha pagato l’abbonamento. In quel momento serviva una presa di posizione forte per convincere Cellino a non mandare la squadra a mille chilometri da casa. Qualche volta è meglio fermarsi un attimo a riflettere, agire di getto fa commettere errori».
Lei e Massimo Cellino non andate proprio d’accordo.
«Questa è una favola che voglio smentire. Abbiamo idee diverse sul Sant’Elia, ma il nostro rapporto non è conflittuale. Io dico che il Cagliari ha vinto e perso anche con il pubblico non proprio a ridosso del campo e la stessa cosa ha fatto con i tifosi vicini al rettangolo di gioco, come è successo a Quartu. Modi diversi di pensare. Per esperienza personale le dico che un calciatore quando è in campo il pubblico nemmeno lo sente. Come presidente, invece, sta facendo un grande lavoro e i meriti gli vanno riconosciuti».
Lei lo ha incontrato quando era in carcere.
«Gli ho voluto esprimere la mia solidarietà. Da parte mia è stato un gesto spontaneo che lui credo abbia apprezzato».
Le va di parlare un po’ di calcio giocato?
«Perchè no. Da dove vogliamo cominciare».
Per esempio da Astori.
«E’ un ragazzo d’oro. L’atleta vero che si allena sempre e resta fuori dalle polemiche. Cesare Prandelli ha capito subito, sin dalla prima convocazione, che su di lui poteva contare. Me lo ha detto mentre guardavamo un allenamento a bordo campo. Sono contento che dopo di me sia stato Davide, come giocatore del Cagliari, a fare gol con la maglia azzurra».
L’Italia torna dalla Confederations Cup…
«…con nuove convinzioni e la consapevolezza di poter recitare un ruolo importante al mondiale. Prandelli ha valorizzato tanti giocatori, anche quelli su cui nessuno avrebbe scommesso un euro. Un nome su tutti è quello di Giaccherini. Il dato importante è che nessuno ci ha messi sotto sul piano del gioco. C’è stata la conferma che questo gruppo è umile, sa sacrificarsi e sopportare i ritiri lunghi. Io ne ho fatti nove e posso dire che non è facile, dopo una stagione massacrante. Mi auguro chetra un anno la squadra azzurra torni in Brasile con una condizione fisica migliore».
Prandelli ha trasmesso un mentalità nuova?
«Ha lavorato molto sulla testa dei giocatori. Ora proviamo sempre a fare noi la partita e corriamo qualche rischio di più. Non condivido certe critiche. Per esempio non sono d’accordo con chi sostiene che non sappiamo più difendere. Questa è una squadra che ha tanta qualità e alle spalle dei giovani interessanti. Magari qualcuno di questi entrerà a far parte del gruppo».
Si metta per un attimo nei panni di Cellino: venderebbe Nainggolan e Astori?
«Il compito è suo e nei suoi panni non mi metto, dico solo che il presidente del Cagliari sa condurre bene le trattative, lo ha dimostrato negli anni. Ha costruito squadre competitive e secondo me quello che i rossoblù hanno fatto nel campionato appena concluso, con tutti i problemi che conosciamo, è da applausi».