2015
Biglietto d’andata per l’inferno
E’ un’ottima giornata per approdare all’inferno. Almeno fino alla partita della Samp, che vede l’Atalanta perire sotto i colpi di Muriel & co e riaccende un lumicino di speranza in fondo al tunnel.
E’ paradossale il calcio, la stessa squadra che oggi ci regala una speranza, sabato potrebbe condannarci definitivamente, ma da quì a sabato si fa perlomeno in tempo ad intrecciare le mani e invocare il miracolo. Sì perché probabilmente è solo un miracolo che potrebbe salvare il Cagliari.
Doveva essere la partita della vita, quella da giocare con il coltello fra i denti e invece ciò che si vede in campo è il solito pallido Cagliari, che consente al solito Toni di passare in vantaggio, ai soliti primi dieci minuti di gioco. In svantaggio di un goal e con Donsah infortunato la partita cambia forma, saltano gioco e tatticismi e si assiste al triste ‘spettacolo’ di 10 uomini allo sbando più totale e all’inseguimento di un pareggio.
Non si producono azioni da goal in proporzione agli sforzi effettuati e al minuto dieci (ancora?) del secondo tempo, e’ un gioco semplice per il Verona affondare il colpo del 2 a 0 di fronte ad una difesa sempre più statuaria. Il Cagliari è ora una compagine smarrita, Zola tenta il tutto per tutto sbilanciando troppo la squadra in avanti, al 90° arriva perfino il goal di Conti, ma è troppo tardi e il Verona, loro sì col coltello fra i denti, non si lascia certo beffare in questo modo.
Per la prima volta dall’inizio del campionato parte la contestazione dei tifosi sugli spalti, Zola in conferenza stampa si rammarica e difende il lavoro dei suoi, ma l’inferno ora è davvero visibile. E sabato si riparte da Genova, proprio lì, dalla stessa squadra che ancora ci sta tenendo a galla in questo brutto e sfortunato campionato.
La verità è che son state fatte scelte inappropriate ad inizio stagione costruendo una squadra di ragazzini inesperti e sperando che Zeman avesse la bacchetta magica per orchestrarli, si è poi proseguito nell’ingenuità di credere che senza rinforzi adeguati, Zola potesse compiere il miracolo al posto del boemo, ma nel calcio ci vogliono gambe e testa quando si compiono le scelte e anche un certo fiuto per gli affari che al cinico e navigato Cellino di certo non mancava. Ma sopratutto sarebbe servito il coraggio di proseguire il cammino intrapreso, un progetto nel quale si crede va sostenuto con tutte le forze e non fatto a pezzi alle prime difficoltà. Oggi abbiamo una squadra senza identità e gioco, senza uno straccio di risultato positivo e un Caronte traghettatore, forse troppo ingenuo ad aver accettato questo ruolo scomodo al momento sbagliato.
Si conclude così, con l’immagine di una bimba che prima del fischio finale lascia amareggiata lo stadio, presa per mano con il suo papà e la sua bandierina rossoblù, arrotolata e riposta troppo presto nella tasca.
Finisce con l’immagine di Zola giocatore vincente, fatta a pezzi dal Zola allenatore contestato, proprio lui che questa Serie A ce la consegnò dieci anni fa su un piatto d’argento. Paradiso e inferno dunque, andata e ritorno aspettando gli eventi.