Is Arenas, il Cagliari ricorre al Tar contro gli abusi

In attesa della prossima riunione della Commissione di vigilanza, fissata per lunedì prossimo, che dovrà prendere in esame il nuovo progetto presentato dal Cagliari Calcio per il completamento dello stadio Is Arenas al fine di concedere la conformità, gli avvocati del club rossoblù hanno presentato ricorso al Tar Sardegna contro l’ordinanza di demolizione delle opere abusive firmata dal dirigente all’Urbanistica del Comune di Quartu, Raffaele Sundas. 

Secondo quanto riportato oggi da La Nuova Sardegna, il ricorso depositato dai legali della società, su mandato del presidente Cellino, contesta l’ordinanza di rimozione delle opere abusive, vale a dire la sagoma e la copertura della Main Stand, la diversa distribuzione degli spazi interni e di servizio, le mini tribune a forma di quarto di cerchio (i cosiddetti “formaggini”) poste tra curva sud e distinti, gli accessi ai posti a sedere, la forma e la localizzazione dei chioschi bar e dei box wc, i nuovi volumi destinati alle attività di polizia e la sala destinata alle apparecchiature elettroniche. 

Secondo il Comune di Quartu si tratta di un abuso urbanistico e paesaggistico in quanto le opere non sono state regolarmente autorizzate. Dal canto suo, il Cagliari sostiene invece che le opere sono state realizzate in conformità ai progetti approvati dalla stessa amministrazione comunale. In particolare, il club sottolinea che una delle opere contestate, ossia i “formaggini” «risultano già approvati in sede comunale e valutati in quanto previsti nei progetti all’esame della Commissione di vigilanza». 

Oggi, dunque, la seconda sezione del Tar Sardegna, presieduta da Francesco Scano, si riunirà in Camera di Consiglio straordinaria per valutare il ricorso del club rossoblù. Nel frattempo, non si conosce ancora l’esito del perito incaricato dal pm Lussu, titolare dell’inchiesta, di valutare i lavori sotto il profilo ambientale e paessaggistico. Se il Tar dovesse accogliere il ricorso presentato dalla società, verrebbe interrotto il periodo di tempo concesso – novanta giorni a partire da fine aprile – per eliminare le parti che non sarebbero state autorizzate e ripristinare lo stato dei luoghi come in origine.