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L’Italia due anni dopo: com’è cambiato Pavoletti

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Nuova chiamata in azzurro a due anni dall’ultima per Leonardo Pavoletti. Da allora il centravanti toscano ha cambiato due maglie e si è specializzato nel colpo di testa

L’esplosione al Genoa, i sei mesi difficili di Napoli e la rinascita a Cagliari. La storia di Leonardo Pavoletti è tutta qui. La scalata del classe ’88 è ricca di alti, ma non sono mancati i momenti bui. In Liguria Pavoloso scopre di poter dire davvero la sua in Serie A. Per lui subito un impatto positivo. Segna tanto, soprattutto di destro. Nonostante il grande fisico le reti di testa non sono ancora il suo piatto forte. I gol sono il suo biglietto da visita e con quelli nel 2016 si presenta per la prima volta a Coverciano. Gli allenamenti con l’Italia, qualche panchina, ma il debutto tanto atteso non arriva.

A gennaio 2017 Pavoletti si trasferisce a Napoli. All’ombra del Vesuvio però qualcosa non va. Con Sarri gioca poco, perde così la confidenza con la porta avversaria e anche la Nazionale. Sei mesi dopo l’attaccante decide allora di cercare fortuna altrove. Lo fa a Cagliari, dove viene accolto da una marea di tifosi festanti al suo arrivo all’aeroporto di Elmas. In Sardegna riaffiora a poco a poco il killer instinct del bomber. Il primo anno in rossoblù lo chiude con 11 gol. Ben 9 li segna di testa, testimonianza di un’evidente inversione di tendenza rispetto al passato. In questo campionato i gol di Pavoletti sono già 6, 5 dei quali realizzati sfruttando il suo grande stacco aereo.

Negli ultimi tre anni e mezzo nessuno in Europa ha fatto meglio di lui in questa specialità. Peculiarità che gli ha riaperto le porte della Nazionale. Il ct Mancini cerca una cura al mal di gol della sua Italia, ecco quindi spiegata la nuova chance per Pavoloso. A quasi trent’anni – li compirà il 26 novembre – il fresco papà può davvero ritagliarsi un ruolo da protagonista anche in azzurro. Se nel basket i coach fanno a gara per accaparrarsi gli specialisti dall’arco, ecco che nel calcio un colpitore di testa professionista può far comodo a tanti. Maran lo sa da tempo, ora l’ha scoperto anche Mancini.

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