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Jeda: «Non serve una rivoluzione ma dei giusti ritocchi. Cessione di Dossena inaspettata, vi dico cosa serve» – ESCLUSIVA
Jeda Capucho Neves, ex attaccante del Cagliari, ha parlato così ai nostri microfoni dell’attuale situazione degli isolani
Tra presente e futuro. Jeda Capucho Neves, ex attaccante rossoblù, ha parlato ai nostri microfoni di CagliariNews24 dell’attuale momento del Cagliari. La squadra isolana ha vissuto giorni di grandi cambiamenti: prima la cessione di Alberto Dossena al Como, poi l’arrivo di Davide Nicola come nuovo allenatore, gli acquisti di Sebastiano Luperto dall’Empoli e Mattia Felici dalla Feralpisalò, il rinnovo di Nicolas Viola e non solo. L’ex giocatore del Cagliari ha parlato di questo e non solo. Le sue dichiarazioni:
Partiamo dal nuovo allenatore del Cagliari, Davide Nicola. Secondo lei è l’uomo giusto per sostituire Ranieri e guidare il Cagliari ad un campionato (e una salvezza) “tranquilla”?
«Io credo di sì anche perché la scelta dell’allenatore deve essere accompagnata da una mercato accurato. Non dico da un mercato di milioni e milioni di euro. Secondo me quello non serve, soprattutto per le squadre che lottano per la salvezza. Devono andare a prendere quei giocatori che sono adatti alle esigenze e alle caratteristiche che vuole l’allenatore. Secondo me Nicola è un allenatore esperto della salvezza e conosce la strada da percorrere. Mi auguro che la dirigenza, il Direttore sportivo e il Presidente possano mettersi assieme all’allenatore e scegliere i giocatori migliori, quelli più giusti per la rosa e per fare un campionato con “meno ansia” rispetto allo scorso anno».
Ha parlato del calciomercato, quali sono secondo lei i reparti prioritari in cui il Cagliari dovrebbe operare in questa finestra di mercato?
«Ho visto che il reparto difensivo è stato un po’ il tallone d’Achille della scorsa stagione, ma anche una società che ha preso un nuovo difensore assieme all’allenatore. Luperto è un giocatore di esperienza che conosce la Serie A e quindi è abituato a questo tipo di campionato. È un leader, uno di quei punti di forza che ho trovato molto interessante e intelligente. Nel reparto di centrocampo servirebbe qualcuno con un po’ più di esperienza, oltre che di qualità. Serve esperienza perché il Cagliari l’anno scorso, per quello che ho seguito e visto, mancava di geometria a centrocampo. Non è sempre stato regolare a livello di gioco. Mi auguro arrivi qualcuno che possa essere un leader anche lì, a centrocampo. Quello per me è il “centro del gioco”. È da lì che passano tutti i palloni. Servirebbe un giocatore con una certa qualità e delle caratteristiche che portino personalità in più».
Il Cagliari ha tanti giovani talenti, secondo lei c’è qualcuno in particolare che in questa stagione potrebbe emergere nella rosa?
«Secondo me è chiaro che non è semplice. All’interno del gruppo, di quella squadra dello scorso anno, ci sono tanti giocatori che possono essere rimessi in discussione. Andare a cercare qualcuno di nuovo che non conosce l’ambiente e che deve adattarsi a un ambiente come Cagliari, secondo me, alla fine, è meglio guardare in casa e vedere quello che hai, cercare di lavorare. È quello che sta facendo l’allenatore. Guardare la rosa e valutare. Ogni allenatore ha un suo metodo, ha una sua filosofia e probabilmente può darsi che la filosofia di Nicola e il suo lavoro possano protendere a lavorare con la squadra che ha già. Secondo me non servono rivoluzioni nella rosa, magari dei ritocchi per fare un campionato non dico tranquillo perché di tranquillo non c’è mai niente, però meno affannoso rispetto allo scorso anno».
Il campionato non è ancora iniziato quindi è difficile fare bilanci e previsioni, tuttavia quali potrebbero essere le squadre favorite per lo Scudetto?
«La squadra favorita è sicuramente l’Inter, non la mettiamo nemmeno in lizza perché è scontato. È la detentrice attuale dello Scudetto. È la prima favorita: ha un organico di tutto valore, è una squadra che non svende nessuno, ma rinforza ulteriormente. È una squadra completa. Sono molto curioso di vedere la Juventus, il Milan e il Napoli. Sono le tre squadre che metto sotto il gradino, tra quelle in grado di poter impensierire l’Inter. Sappiamo benissimo dei cambiamenti che ci sono stati in queste tre squadre, partendo dagli allenatori. Un po’ di stravolgimento dal mercato ci sarà ed è inevitabile che queste squadre punteranno a fare un campionato di vertice».
Oltre a queste squadre citate, quali altre formazioni della Serie A potrebbero lottare per un posto nelle competizioni europee? Potrebbe esserci una possibile sorpresa?
«Una squadra che mi mette tanta curiosità è il Como. Non facciamoci ingannare dal fatto che sia una neopromossa. Conosciamo la disponibilità economica della società, infatti abbiamo già intravisto dei nomi importanti e di prima fascia. Mi aspetto che possa essere un outsider nel campionato di Serie A. Le possibilità di intervenire in maniera importante sul mercato ci sono. Dell’Atalanta non parlo perché è una certezza del nostro campionato e sicuramente lotteranno per un posto nella zona alta della classifica. Per Roma e Lazio aspetto ancora di vedere i movimenti di mercato perché molto dipenderà da quello. Il Bologna quest’anno farà la Champions League con tutto il grande merito che ha avuto, complimenti alla società, bisogna vedere anche lì che tipo di mercato farà. Sono molto curioso anche della Fiorentina perché il cambiamento dell’allenatore ti porta ad avere degli sviluppi diversi. Tutto dipende da che tipo di mercato si andrà a fare con il cambio di allenatore. Non c’è niente di scontato e il calciomercato influisce tanto».
Il Como ha fatto degli investimenti abbastanza importanti. Hanno acquistato, per esempio, Alberto Dossena dal Cagliari. Quanto può mancare un difensore così ad una squadra come il Cagliari?
«Io devo dire la verità: non mi sarei aspettato che il Cagliari cedesse Dossena. Secondo me, oltre al livello fisico, è un giocatore che ha centimetri e una leadership importante. Io l’ho visto, ho avuto modo di vederlo con il Cagliari, era un elemento di grande valore nel reparto difensivo. Il Cagliari ha sì dato via Dossena, ma ha preso Luperto e spero che possa prendere qualcun altro ed intervenire in quei reparti dove esperienza e freschezza atletica facciano la differenza».
Capitolo Europei e Copa America, vinti rispettivamente da Spagna e Argentina: tra le grandi delusioni ci sono Italia da una parte e Brasile dall’altra. Cosa ne pensa? Perché sono arrivati dei risultati così poco soddisfacenti?
«Per gli Europei, mi aspettavo una Spagna in grande spolvero, ma non così tanto come ha fatto vedere. Ha stravinto l’Europeo meritatamente mettendo in mostra grandissimi talenti. Complimenti alla federazione per aver creduto in un CT che in pochi consideravano. De la Fuente ha 63 anni, non 80. Conosce i ragazzi, ha un pedigree importante e nell’Europeo si è visto. Ha leadership e carisma, i giocatori lo seguivano. Una cosa che mi ha fatto molta impressione è che la Spagna, quando crede in un giocatore, lo fa giocare senza nessuna paura. Con o senza critiche, alla Spagna non interessa. Lo fanno giocare. Questo non succede con Brasile e Italia. Dorival Junior, il CT del Brasile, è un grande allenatore di club. Guidare una Nazionale importante, dove c’è tanta pressione, è difficile. Devi sapere quello che fai. Avrei scelto in maniera diversa nelle convocazioni, serviva più leadership. Non mi aspettavo che il Brasile vincesse la Copa America, diciamo che va rifatto un po’ tutto dalle basi, come in Italia. C’è qualcosa che scricchiola. L’Italia mi ha deluso veramente tanto. I giocatori giocano in un modo diverso nei club. Quando vanno in Nazionale diventano giocatori che… boh. L’arrivo di Spalletti mi ha fatto sperare bene. Ci ho visto qualcosa di diverso. Ha messo un po’ troppa confusione nei cambiamenti e questo ha portato a un deterioramento tattico della squadra: non si è capito più nulla. Con la Svizzera è stata una roba che non ho mai visto da una Nazionale così importante. L’Italia ha anche talenti, ma diverse Nazionali stanno affrontando periodi di cambiamenti, processi di cambiamento generazionale. Se alla prima difficoltà tu non ci credi e ricominci da capo, allora non va bene. Bisogna dare il tempo necessario perché le cose possano funzionare. Quello è il problema dell’Italia e del Brasile. Con la prima difficoltà non credono più ai giovani e mettono tutto in discussione. Questo non va bene. In Spagna e in Germania i giovani giocano. Musiala è il numero 10 della Germania, Pedri è il leader della Spagna, Yamal non ne parliamo. In Italia mettono tutti in discussione appena c’è un giovane che magari non gioca bene. Bisogna avere coraggio e crederci fino in fondo».
Da quali giocatori dovrebbero ripartire Brasile e Italia?
«Per il Brasile Vinicius, Endrick, hanno parlato tantissimo di Neymar. Lo avrei rigenerato per ritrovare un po’ di personalità nel Brasile. Vinicius è il punto di forza, ma io cambierei l’allenatore. Per l’Italia bisogna capire il discorso tecnico, se la federazione crede ancora in Spalletti. Io credo che sia un grande allenatore, su questo non c’è dubbio. Purtroppo, come i giocatori, ci sono anche gli allenatori di Nazionale e di club. Nell’Italia, ci sono molti giocatori di Club che spariscono quando vestono la maglia della Nazionale. Vedo la stessa cosa anche nel Brasile. In Italia metterei i giovani e ci crederei fino in fondo, i vari Calafiori, Bastoni, Buongiorno… bisogna credere in questi giocatori qua, l’osso duro di questa Nazionale. Ci sono da fare valutazioni su tanti altri. Bisogna vedere se questi giocatori sono da Nazionale oppure no perché molte volte ti ingannano. Nel club è una cosa, ma in Nazionale cambia tutto».
Si ringrazia Jeda per l’estrema cordialità e gentilezza mostrata nel corso dell’intervista