2013
Manlio Scopigno, 20 anni dopo Cagliari non dimentica
Una delle menti più brillanti del calcio esattamente vent’anni fa lasciava questo mondo. Era il 20 settembre 1993 e purtroppo il grande Manlio Scopigno moriva in quel di Rieti, a causa di un infarto. Gli fu fatale il secondo arresto cardiaco, dopo che superò in ospedale il primo. Proprio a Rieti nel 2005 gli è stato intitolato lo stadio e ogni anno si gioca un torneo in onore suo e del fratello Loris.
Il Filosofo, così era stato ribattezzato per il suo parlare ermetico, l’essere distaccato e i suoi modi di fare: non si stupiva di niente, tranne di Gigi Riva, che allenò in quella fantastica stagione 1969/70. Lo scudetto, l’unico, della sua carriera e del Cagliari, portò anche la sua firma in panchina e proprio grazie alla sua mentalità che riuscì a plasmare quei ragazzi in Campioni d’Italia. Su di lui se ne dicono tante: «Scopigno era arrivato da poco -rivelò anni dopo l’ex capitano Pierluigi Cera – Eravamo in ritiro per una partita di Coppa Italia e in sette o otto, in barba alle regole, ci eravamo dati appuntamento in una camera per giocare a poker. Fumavamo tutti e giocavamo a carte sui letti. C’era anche qualche bottiglia che non ci doveva essere. Ad un tratto si apre la porta: è Scopigno. Oddio, penso, ora ci ammazza, se ci va bene ci leva la pelle e ci fa appioppare una multa! Scopigno entrò, nel fumo e nel silenzio di noialtri che aspettavamo la bufera, prese una sedia, si sedette vicino a noi e disse tirando fuori un pacchetto di sigarette “Do fastidio se fumo?” In mezz’ora eravamo tutti a letto ed il giorno dopo vincemmo 3-0.» Alle celebri frasi su Comunardo Niccolai, recordman rossoblù di autogol: «Tutto mi sarei aspettato dalla vita, tranne di vedere Niccolai in mondovisione.» E sul terzino Mario Martiradonna: «Con quel cognome non vai da nessuna parte. Se ti chiamassi Martin, saresti già in Nazionale»
Ma Scopigno non era solo uno da frasi fatte come «Il più pulito nel calcio è il pallone. Quando non piove», ma un vero e proprio maestro della panchina: un vero innovatore, di lui si diceva che fosse anni luce avanti rispetto al calcio di allora. Durante il suo contratto in Sardegna (dal 1968 al ‘72, dopo la prima parentesi del 66/67), dedicò gran parte delle attenzioni (compresi gli orari degli allenamenti) al reale protagonista di quella squadra: Gigi Riva. Fu proprio lui a spostare Rombo di Tuono dal ruolo di ala sinistra a centrattacco, permettendogli di diventare più letale (se possibile) sotto rete. Dopo tutto lo riteneva il migliore di tutti i tempi: «Anche più di Meazza e Piola. Piola non valeva la decima parte di Riva. Meazza era un idolo, ma a Milano. Luigi è idolatrato in tutto il mondo. – leggiamo sul libro “Un tiro mancino” di Nanni Boi- Eusebio? Ha soltanto il tiro magnifico. Riva ha tutto.» Il resto della squadra funzionava da sé e, dopo il secondo posto del 1968/69, alle spalle della Fiorentina, arrivò finalmente il primo (e finora unico) scudetto rossoblù. Quel campionato è storia, non solo del calcio, ma di tutta la Sardegna e Manlio Scopigno ne fa parte. Il 12 aprile non può neanche prendersi la soddisfazione di festeggiare lo scudetto in campo: il 14 dicembre 1969 nella sconfitta di Palermo“consigliò all’arbitro dove posizionare la bandierina” con cui annullò un gol regolare di Riva su punizione (fu fischiato un fuorigioco a Martiradonna, che in realtà stava bevendo nei pressi della bandiera del corner).Gli furono inflitti sedici turni di squalifica, un record e un’assurdità se andiamo a vedere l’atteggiamento di giocatori e allenatori nei confronti dei direttori di gara con rispettive squalifiche e ammende. Scopigno, un personaggio che sarebbe estraneo nel calcio di oggi, ma allo stesso tempo avrebbe da insegnare tanto.
Vent’anni dopo Cagliari non dimentica il suo Filosofo e inconsapevolmente lo rivuole indietro: infatti, la tribuna del Sant’Elia, dove i tifosi vorrebbero tanto tornare, ha il suo nome.