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2013

O capitano mio capitano…

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Trecento volte grazie capitano.
Trecento volte hai indossato quella maglia e dopo lo scetticismo generale, hai saputo pian piano raggiungere il cuore di questo popolo, tanto apparentemente duro, quanto pronto a sciogliersi di fronte a dimostrazioni d’amore come queste.

La gente sarda, inizialmente ostile verso questo romano cosi spocchioso e con un cognome pesante.
La gente sarda, che poco si fidava di un giocatore che si pettinava con cura i capelli prima di scendere in campo.
Passano gli anni e tu eri sempre li, a vedere avvicendarsi allenatori, compagni, ma pian piano quella maglia stava diventando sempre di piu’ la tua seconda pelle.
Sono passati ben 15 di anni e i sardi sanno quando arriva il momento di dire grazie.
Quel popolo inizialmente cosi impenetrabile pian piano si era sciolto, aveva trovato un figlio adottivo e davanti a chi giura amore e fedelta’a questa terra, i sardi son sempre ben lieti di allargarsi e far posto nella propria tavola.

Sei passato attraverso l’amore per quasta squadra, da momenti bui a momenti gloriosi, superando silenziosamente le presenze in squadra di un intoccabile, di un mostro sacro, di colui che da queste parti è il re indiscusso: Gigi Riva.
Oggi la gente ti definisce come lui, una bandiera e anche se, Gigi Riva resterà per molti aspetti inarrivabile, rappresenti un esempio di fedeltà e d’amore che, in questo calcio moderno, si vede sempre più di rado.

Quindi, per questo e per molto altro, grazie capitano!!

Nel vocabolario italiano i capitani, sono coloro che costituirono quella tipica classe di professionisti della guerra che si chiamavano anche, dalle loro condotte, condottieri.
Ecco dunque, il termine che forse più si addice al nostro capitano è proprio condottiero: colui che conduce.
Conduce la squadra sotto la curva a rendere omaggio agli ultrà in religioso silenzio e con il morale a terra, dopo la sconfitta pesante contro il Bologna, ma poi prende la squadra per mano e la porta lì, fino a quello spiraglio di luce che si intrevedeva dal tunnel nel quale eravamo piombati.
E luce fu, in una domenica uggiosa e buia, quando ci si avviava inesorabilmente e a grandi passi verso l’ennesimo pareggio casalingo che sapeva di sconfitta, un lampo che illumina il cielo.
E’ una palla che viaggia ad una velocità impressionante, carica di un messaggio positivo che solo un capitano coraggioso sa imprimergli e ad una manciata di minuti dal fischio finale quell’urlo in gola viene liberato e rompe quel muro di silenzio in quel cielo cosi buio.
Poi la corsa verso quel figlio sardo, che ci tieni a dire, tifa rigorosamente Cagliari, a rappresentare un po’ l’abbraccio di tutto il popolo sardo verso questo figlio adottivo, che ha il cuore colorato di rosso e di blu.

Noi sardi siamo così, possiamo abbatterci per una partita sbagliata, ma poi gioiamo per due goal di questo figlio, come se avessimo conquistato una finale di Champions…

Qualcuno ci ha accusato di esserci esaltati troppo per una partita vinta, quando siamo comunque a pochi punti dagli ultimi posti della classifica, ma a noi poco importa davvero, perché il calcio da queste parti, è fatto ancora di momenti che emozionano e che tolgono il fiato, è fatto da uomini che sanno baciare la propria maglia con un significato ben diverso dai baci che siamo abituati a vedere da giocatori blasonati che l’anno dopo sono pronti a baciare un’altra maglia e poi un’altra ancora .

Qui il calcio è fatto ancora di abbracci, quelli che i bambini regalano per strada o in una scuola quando incontrano il proprio idolo, quelli che la gente regala a Gigi Riva quando lo vede passeggiare in solitudine, quello di Conti al proprio figlio, quelli che ti danno la sensazione di aver vinto qualcosa di veramente importante pur restando a 4 punti dall’ultima in classifica….Quelli che la gente che tifa per squadre abituate solo a vincere mai potrà capire.

Grazie Capitano, condottiero, figlio di questa terra, perché domenica in fondo, noi abbiamo vinto davvero qualcosa di importante, abbiamo vinto mostrando al calcio italiano che si può ancora credere che sia lo sport più bello ed emozionante del mondo… almeno da queste parti!

 

 

 

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