Pagelle
I pagelloni del Cagliari 2017/18: van der Wiel
La parentesi cagliaritana di Gregory van der Wiel è stata a dir poco deludente. Il terzino olandese non ha lasciato il segno, scappando a febbraio in Canada
Il terzino destro che serviva. In grado di far fare un salto di qualità alla squadra. L’esterno giusto per giocare a quattro dietro e non dover adattare Faragò e Padoin. Questo è ciò che sarebbe dovuto essere e non è stato Gregory van der Wiel. Arrivato dal Fenerbahce a fine agosto, l’ex vice-campione del mondo con l’Olanda nel 2010 ha mostrato da subito di volersi mettere in gioco in una nuova realtà. Solo a parole. Sul campo infatti è stato un oggetto misterioso, allenandosi per due mesi in differenziato a causa di una preparazione atletica non sufficiente. Rastelli lo manda per la prima volta in campo all’ottava giornata, il 15 ottobre, contro il Genoa. La sua partita dura 45′. Un primo tempo disastroso, in cui si è capito perché fino a quel momento non era stato impiegato.
CON LOPEZ – La sconfitta col Genoa costa il posto all’allenatore campano. Al suo posto ecco Lopez, che cambia puntando sul 3-5-2. Un modulo ideale per esaltare le capacità offensive di vdW. Come esterno destro però esplode Paolo Faragò e l’ex Ajax e Psg continua a fare panchina. Spreca la chance concessa in Coppa Italia contro il Pordenone. Poi contro la Sampdoria subentra proprio a Faragò, infortunato, facendo intravedere alcune giocate positive. Viene confermato contro Roma (90′) e Fiorentina (90′), senza entusiasmare. I 4′ contro la Juve sono gli ultimi in rossoblù per l’olandese, che nel mercato invernale prende la decisione di salutare la Sardegna.
ADDIO AL VELENO – Dopo un mese da Chi l’ha visto?, van der Wiel si trasferisce in Canada, al Toronto Fc di Giovinco in MLS, il primo febbraio. A Cagliari verrà ricordato non solo come una delle più grandi meteore e delusioni della storia del club (le premesse erano ben altre), ma anche per le sue dichiarazioni al veleno: «Ho giocato prima nell’Ajax, dove c’era una mentalità vincente, e poi nel PSG, stessa mentalità. Negli ultimi mesi ho giocato per un club più piccolo, che non aveva quel modo di pensare. Lì ho imparato che ho bisogno di essere circondato da vincenti, persone che hanno la mia stessa mentalità e che vogliono sempre vincere». Sicuramente non il modo migliore per dirsi addio.
VOTO: 3