2014

Panchina corta: a Catania un allarme da non sottovalutare

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«Noi continueremo con diciotto giocatori in listain questi anni sono stato proprio io a volere e far aumentare il numero di giocatori in panchina ma questo mi sembra troppo. Anche la panchina è un obiettivo da centrare, chi non se l’è meritata è giusto che vada in tribuna».
Parole e musica di Massimo Cellino, anno di grazia 2012. A distanza di due campionati la posizione del Cagliari non si è mossa di molto da quanto annunciato dal suo presidente: i convocati per le partite sono di regola 20 e fra campo e panchina non si va oltre i 18 giocatori.

In un’epoca in cui alcuni club vantano rose da 40 e più calciatori è legittima e forse meritevole la scelta di non gonfiare eccessivamente un gruppo che, limitato ad un “giusto” numero, può guadagnarne in coesione e affiatamento. Quello che però lascia perplessi tanti osservatori è il puntiglio nel continuare a stilare liste-partita dal tetto massimo così basso.
Portare sette uomini in panchina significa che si deve scegliere, grosso modo, di far accomodare a bordo campo un difensore centrale ed un terzino, oltre al secondo portiere, due centrocampisti e due attaccanti.

I limiti di un’impostazione simile sono emersi in modo vistoso sabato sera a Catania, quando in seguito all’espulsione di Avelar tutti si sono girati istintivamente a cercare il convocato Murru scoprendolo però in tribuna. La cosa ha creato problemi a catena nel ripristino di un modulo accettabile: prima Lopez ha fatto di necessità virtù adattando Eriksson nell’inedito ruolo di terzino sinistro (rinunciando nell’occasione a una delle punte, Sau).
Il centrocampista svedese, pur ferrato nell’interdizione, non ha e non può avere in repertorio gli automatismi propri del ruolo di terzino. In diverse occasioni è mancato nelle diagonali o si è fatto trascinare altrove dall’impegno nella marcatura.

Lopez è così dovuto intervenire nuovamente in quella zona del campo, rinunciando forzosamente a cercare nuove soluzioni in diverse aree del terreno verde. E’ stato quindi il turno di Perico, terzino sì ma destro, in un aggiustamento che ovviamente non poteva essere quello ideale proprio per via della mancanza in panchina di un esterno sinistro di ruolo. Il cambio oltretutto ha portato via l’unica punta rimasta in campo, Nenè, portando i rossoblù ad un 4-5-0 che era un aperto invito per l’avversario.

Intendiamoci, in inferiorità numerica a casa di una squadra col coltello fra i denti per via della posizione in classifica era chiaro che l’ultima parte della gara sarebbe stata di sofferenza, ma le tribolazioni occorse per riequilibrare il modulo sono apparse evidentemente aggravate dalla panchina corta.
La tenacia dei rossoblù e una manina dalla sorte hanno consentito alla fine di strappare un punto pesantissimo soprattutto perché non si è data al Catania la chance di rilanciarsi nella corsa salvezza, ma il cicalino d’allarme è suonato ancora più forte di altre volte: non tenerne conto sarebbe miope.

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