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Perico: «Il nostro era un Cagliari forte, con Astori c’era un rapporto speciale» – ESCLUSIVA
A tu per tu con Gabriele Perico: l’ex difensore rossoblù – in Sardegna dal 2010 al 2014 – ricorda con piacere i suoi anni a Cagliari
Al Cagliari dal 2010 al 2014, Gabriele Perico è rimasto legato alla Sardegna e ai colori rossoblù. Il difensore, oggi in forza alla Virtus CiseranoBergamo, in esclusiva per CagliariNews24 ha ricordato con piacere i suoi anni sull’Isola.
Perico, 4 anni in rossoblù difficilmente dimenticabili. Che ricordi ti porti dalla tua esperienza in Sardegna?
«Sono arrivato dall’Albinoleffe dopo un’ottima stagione in Serie B da esterno di difesa. Siamo arrivati in rossoblù io e Laner dopo una lunga trattativa. Il primo impatto con Asseminello e la squadra fu impressionante. Il Cagliari era una squadra forte, giocava bene. Ai tempi c’era Bisoli allenatore, l’inizio non fu facilissimo. Ero contento di essere arrivato lì in un contesto in cui la squadra era davvero forte. Facevano impressione Conti, Cossu, Matri, Lazzari... Giocatori fortissimi».
Eravate una squadra unita: i problemi legati allo stadio hanno rafforzato ancora di più il gruppo?
«Sì, assolutamente. Senza quel gruppo, un’altra squadra in quella situazione sarebbe retrocessa. Giocare gran parte delle partite in campo neutro o lontano da casa, soprattutto per una squadra come il Cagliari che costruiva le proprie salvezze in Sardegna, sarebbe stato difficile, invece abbiamo dimostrato di essere un gruppo unito e una squadra forte. Nonostante le difficoltà siamo sempre riusciti a salvarci».
Senti ancora qualcuno di quella squadra?
«Sento spesso Dessena, Canini, Lazzari e Ariaudo. Avevamo un rapporto speciale con Davide Astori, purtroppo questa è la nota triste. Ricordo momenti bellissimi, ma ora che non c’è più i ricordi fanno male».
Impossibile, infatti, non chiederti della tua amicizia con Davide Astori.
«Mi sono trovato veramente bene. Era di Bergamo come me e abbiamo diviso tanti tragitti e tante trasferte. Ricordo le corse per arrivare all’aeroporto, prenotare i voli, partire. Con Davide era sempre un’avventura. Era l’uomo dell’ultimo minuto. Io invece ero molto più svizzero, ero sul posto un’ora prima e mi faceva penare finché non arrivava 5 minuti prima con una tranquillità… Io impazzivo».
Poi c’erano gli scherzi.
«Mamma mia, lui e Ariaudo… Io ero così, molto preciso. Davide soprattutto invece era più rilassato. Poi in ritiro avevano creato la pagina del Pereg a mia insaputa. Una cosa molto divertente, soprattutto per loro, per me magari meno. Però l’andamento della nostra amicizia era quello».
Forse anche per quello ti sei fatto voler bene dai tifosi, nonostante non fossi un titolare fisso.
«Ma sai quanti mi fermano ancora e mi chiamano “Pereg”… Sono una persona che sa stare al suo posto. Magari alla squadra non davo lo stesso contributo di Astori o di un altro titolare fisso, però nelle occasioni in cui ho giocato mi sono fatto trovare pronto ed ero sempre utile alla causa. Ero molto riservato e i sardi me l’hanno sempre riconosciuto, mantengo con tutti un ottimo rapporto».
C’è una partita in rossoblù che ricordi con piacere?
«Ce ne sono diverse. L’altro giorno mi hanno mandato la foto di una vittoria a Trieste contro l’Inter. Quella la ricordo bene, ma ce ne sono diverse, dico la verità. Alcune particolari, a Is Arenas, come il 4-3 pazzesco sul Torino. Anche una vittoria per 1-0 al Sant’Elia contro la Lazio. Belle sensazioni. Le ricordo tutte molto volentieri, in un contesto fantastico come la Serie A e con una squadra forte».
Chi è stato il più forte con cui hai giocato?
«Daniele Conti come centrocampista davanti alla difesa. Primo per distacco come qualità e carisma. Per potenzialità posso dirti che Pinilla poteva essere un attaccante da grandissima squadra, primi 3-4 posti, da Champions League. Aveva qualità fisiche e soprattutto di attaccante straordinarie. Quelle purtroppo da sole non bastano. Sappiamo tutti che Pinilla era particolare per carattere. Al netto delle qualità Pinilla è quello che mi ha impressionato di più. Insieme anche a Radja Nainggolan, che poi è andato in una grande squadra. Se devo valutare chi per qualità ha fatto meno, penso a Pinilla».
Ti è dispiaciuto andare via da Cagliari?
«Mi è dispiaciuto, ma in quel momento non vedevo una situazione positiva. Era andato via Cellino e arrivato il primo Giulini. Portò Zeman, che come impatto smembrò subito il gruppo. Mando via Pinilla e altri, facendo capire che non rientrava nei piani, semplicemente perché non facevano quello che voleva lui. Io avevo fatto la prima parte di ritiro con Davide, eravamo vicini di camera e ci confrontavamo sul fatto che fosse finito un ciclo. Stava cambiando qualcosa, non era più la stessa squadra. Com’è arrivata l’offerta del Cesena, sapendo che era una squadra inferiore, ho accettato perché non volevo retrocedere con il Cagliari. Avevo la sensazione che quell’anno cambiando così tanto si sarebbe pagato lo scotto e infatti fu così. Erano cambiate talmente tante cose che sono dovuto andare via, ma ho fatto la scelta giusta perché mi sarebbe dispiaciuto troppo fare un campionato di sofferenza e retrocedere con il Cagliari».
Hai continuato a seguire il Cagliari? Quest’anno era partito benissimo.
«Sì, è partito molto bene, poi ha avuto una fase di flessione. Sarei stato curioso di vedere se con Zenga e il cambio di allenatore ci sarebbe stato uno sprint finale. Però parliamoci chiaro, il Cagliari quest’anno ha allestito una rosa importante, anche come nomi. La delusione più grande per i tifosi è stata vedere la squadra nei primi posti, a lottare per l’Europa League, mentre la flessione ha ridimensionato un po’ tutto. Ora vediamo se ripartirà il campionato o meno».
Dal tuo punto di vista è giusto continuare o meglio fermarsi per ripartire direttamente con la prossima stagione?
«È una situazione che storicamente nessuno ha vissuto. Ogni giorno arrivano notizie che potrebbero cambiare gli scenari. Io sto cercando di capire come e quando si ripartirà. Io adesso sono a Bergamo, nella zona rossa ed epicentro di tutto. Io però non credo nelle classifiche a tavolino, non sarebbe una soluzione che mi fa impazzire. Adesso speriamo di uscire dal tunnel e concludere questa stagione. Sarà comunque qualcosa di particolare, con le partite ogni 3 giorni e la stagione interrotta».
Quest’anno si può dire che sei tornato a casa, rimettendoti in gioco in Serie D con la Virtus CiseranoBergamo.
«L’anno scorso ero in Svizzera, però ho due figli di 7 e 4 anni e mia moglie mi ha messo davanti ad una scelta. Volevo restare in Svizzera, perché mi sono trovato bene. Poi è arrivata quest’occasione e anche se non è più professionismo, ma ho deciso di accettare perché è una società seria e sono vicino a casa. La stagione stava andando bene. Probabilmente noi non riprenderemo e sono in stand-by. Sto valutando se giocare un altro anno o fare qualcos’altro. È una fase di riflessione un po’ per tutti».