Hanno Detto
Piras: «Vedere il Cagliari rinunciatario come una vittima sacrificale provoca una sofferenza incredibile»
Gigi Piras, ex attaccante e capitano del Cagliari, ha dedicato un lungo post su Facebook ai rossoblù. Sofferenza incredibile
Gigi Piras, ex attaccante e capitano del Cagliari, dopo il ko con l’Udinese ha utilizzato Facebook per esprimere la sua sofferenza, la rabbia e la delusione per la situazione rossoblù.
«Non è facile rimanere obiettivi quando vedi le difficoltà in cui versa la squadra, il Cagliari, che hai amato e ami visceralmente, per la quale sei sceso in campo centinaia di volte, magari anche in condizioni fisiche non ottimali, indossando la gloriosa maglia che grandi campioni hanno vestito prima di te e che tu senti cucita addosso, come una seconda pelle. Ma io sono stato il capitano del Cagliari per molte stagioni, ho conosciuto il dolore della retrocessione e provato la gioia della risalita; con i miei compagni ho lottato in tutti i campi d’Italia per regalare la gioia di una vittoria ai nostri tifosi e non ci siamo mai arresi di fronte a nessun avversario, che si chiamasse Juventus, Inter, Milan, Roma, Bologna, Napoli o Catania, non faceva differenza. E oggi, vedere la mia squadra, la squadra della mia Terra, della mia Città, patrimonio sportivo di tutti i sardi che amano il calcio, rinunciataria come una vittima sacrificale di turno, mi procura una sofferenza incredibile. Tuttavia non mi sento di gettare la croce addosso alla società, al presidente, al tecnico, ai giocatori, ai quali chiedo di dimostrare sul campo il loro valore e se qualcuno di essi non si sente di onorare quella maglia che si chiami fuori e vada via, subito. In questo momento sarebbe troppo facile lasciarsi vincere dalla rabbia e dallo sconforto e lanciare accuse contro l’ambiente. Ho vissuto lo spogliatoio, ne sono stato portavoce e da Capitano, quando le cose non andavano bene, ho preteso che tutti facessero quadrato intorno alla squadra e alla società. In quei momenti ogni giocatore doveva avere chiaro in mente un solo atteggiamento: lottare! Un concetto che implicava determinazione su ogni pallone da contendere all’avversario e uscire dal campo con la coscienza tranquilla, perché certi di aver dato tutto per onorare quella maglia e la società di cui era l’emblema. Giocatori, allenatori, presidenti, passano, come è giusto che sia, la maglia no! La Maglia rimane ed è per quei colori che adesso tutti devono fare la loro parte onorandola fino in fondo. Se qualcuno non se la sente, lo ribadisco, se ne vada via. Se si comprende questo concetto, sono certo che i risultati alla fine arriveranno. Arriveranno se chi scende in campo sarà conscio della propria forza, se il tecnico, che non è certo l’ultimo arrivato, saprà motivare i giocatori e l’ambiente, se la Società difenderà quei Colori e chi li indossa assumendosi le proprie responsabilità e intervenendo con determinazione nelle situazioni che sono conseguenza delle prestazioni discutibili della squadra e di qualche singolo giocatore e se i tifosi sapranno rimanere vicini alla squadra e sostenerla fino alla fine. Forza Cagliari».