Ex Rossoblù
Riva: «Non seguo più il calcio, Cagliari a parte. Scopigno mi ha insegnato a vivere»
Gigi Riva, attaccante del Cagliari scudettato e della nazionale, ha rilasciato una lunga intervista nel segno del suo Cagliari
Il mito, il campione, l’idolo di una generazione e di un popolo intero. Gigi Riva per Cagliari (e non solo) è stato questo e tanto altro ancora, un sardo. Quest’oggi il Corriere della Sera ha pubblicato l’intervista al campione di Leggiuno, tra il mancato trasferimento alla Juventus, il rapporto con il tecnico Manlio Scopigno e tanto altro ancora. Le sue parole:
TELEFONATA A RANIERI – «Gli ho telefonato prima della partita con il Bari. Mi raccomando, gli ho detto, guarda che tutta l’Isola è a tuo favore. Lui era un po’ commosso e un po’ teso per la gara»
SARDITA’ – «Io sono sardo perché sono di poche parole, spesso e volentieri ho il muso, mi preoccupo per i problemi di questa terra bellissima e reagisco a modo mio»
CALCIO MODERNO – «Non seguo più il calcio. Cagliari a parte, mi piace solo la Nazionale: ora, dopo il buio, si è rimessa a posto»
RIFIUTO ALLA JUVE – «(Ride n.d.r.) Quando Arrica, il mio presidente, scoprì che non andavo, non fu contento per niente. Ma non sono testone: io ero una persona chiusa, avevo avuto un’infanzia tragica, i miei genitori erano mancati presto. Poi sono venuto a Cagliari e abbiamo costruito una gran bella cosa: lo scudetto era il sogno di ogni squadra»
MANLIO SCOPIGNO – «È stato un maestro, un fratello maggiore: mi ha insegnato a vivere. Mi diceva: perché ti incavoli? Vieni, risolvi il problema. Lo sogno ancora»
PALLONE D’ORO NEGATO – «No, non (l’ho digerito n.d.r.) ancora. Mi era stato promesso che l’anno dopo sarebbe toccato a me e poi invece mi sono fatto male»
SE RINASCESSE… CALCIATORE? – «Sì, sperando che il Padreterno mi dia le stesse doti che avevo: saper giocare al calcio, divertirmi in campo, sognare di fare gol prima di una partita e poi segnare per davvero»
IN SARDEGNA – «Quello che ha reso per me tutto speciale è che ero sardo tra i sardi: ovunque andassi, da Alghero o Sassari a Cagliari, ero uno di loro».