Sacchi: «Al calcio italiano servirebbero 100 Zeman» - Cagliari News 24
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2014

Sacchi: «Al calcio italiano servirebbero 100 Zeman»

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In un periodo che vede il calcio italiano ai suoi minimi storici per ranking internazionale, risultati e godibilità, ha voluto dire la sua anche Arrigo Sacchi. L’ex tecnico del Milan “olandese” e della Nazionale vice-campione del ’94 è intervenuto nel corso della trasmissione Tg Zero su Radio Capital e ha espresso le sue convinzioni in materia di gioco e natura stessa dello sport calcio.

IL COLLETTIVO – L’allenatore di Fusignano ha spiegato quali siano gli equivoci di fondo che impediscono al pallone nostrano di stare fianco a fianco con quello di paesi più vincenti: «Il calcio è nato come uno sport offensivo, noi italiani come nostra abitudine lo abbiamo tramutato in uno sport difensivo. Oltretutto non sappiamo riconoscere il merito, nemmeno il pubblico lo chiede. Studiamo il calcio come uno sport individuale, invece dovremmo partire dal collettivo, dal gioco, per poi arrivare al singolo solo in ultima analisi. Un allenatore dovrebbe scegliere gli uomini non tanto in considerazione della sola tecnica, ma piuttosto di quanto tali elementi siano funzionali al progetto».

ZEMAN? AVERCENE… – Parlando di funzionalità, Sacchi non poteva non fare riferimento a Zdenek Zeman, altro allenatore che ha sempre messo il singolo in secondo piano rispetto al progetto. L’apprezzamento dell’ex ct per il tecnico boemo è chiaro e manifesto: «La partita più bella che ho visto di recente è stata quella giocata dal Cagliari a Verona. Ci vorrebbero 100 Zeman nel calcio italiano, lui gioca un calcio propositivo e divertente. La cosa più importante per lui è trovare giocatori disponibili: di solito quando aumenta la qualità cresce anche l’egoismo, e viene meno la disponibilità. Se si pensa al calcio come gioco individuale ogni assenza diventa pesante, se invece lo si vede come gioco collettivo, alla mancanza di un giocatore sopperisce un altro della rosa. Il gioco è un propulsore, moltiplica le potenzialità di tutti i partecipanti. In questo senso la visione di cui parlo è l’unica che permetta ad esempio di valorizzare i giovani».

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