Editoriale

Serie A e arbitri: il VAR non ha fallito, hanno fallito gli uomini

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Serie A e arbitri ancora una volta nel centro del mirino dopo il clamoroso episodio in Torino-Inter che non smette di far discutere

E dire che con l’introduzione dell’assistenza video in Serie A, tutti quanti immaginavamo e speravamo di non dover discutere ogni santissima domenica di arbitri e dei loro errori. Eppure ci si ritrova ancora una volta tra accuse e polemiche, con lo spettro del famigerato “campionato falsato” che fa gola a moviolisti e complottisti.

Il grido di sollevazione popolare è arrivato questa volta da Torino (ma anche a Udine non si è scherzato eh…) per quel contatto Ranocchia-Belotti che anche un bambino di due anni avrebbe fischiato” come ha sentenziato l’illustre ex fischietto Paolo Casarin. In effetti è oggettivamente complicato spiegare il perché, dovrebbero essere i diretti interessati a farlo. Ma non tanto l’arbitro Guida, che sbaglia e ha il diritto di sbagliare, quanto piuttosto i colleghi al monitor (che ora andranno verso uno stop piuttosto prolungato). Ciò che davvero si fatica ad accettare è infatti l’errore a bocce ferme e, soprattutto, rimane oscuro il motivo per cui non ci sia stata quanto meno la “on field review”.

L’errore capitale, però, sta a monte. Ed è quel protocollo confusionario e complesso, stilato senza la logica del buon senso e della semplicità. C’è un possibile errore? Allora l’arbitro di campo deve avere il diritto (ma anche il dovere imposto) di poter rivedere le immagini, qualsiasi sia la situazione. Senza beghe burocratiche e con la consapevolezza che lo strumento VAR sia lì apposta per aiutare e non per sminuire la credibilità e l’autorità della “casta”.

Ci sarebbe poi un’altra scappatoia, sin qui ahinoi mai presa in considerazione: ovvero la richiesta di utilizzo da parte di allenatori e capitani. Una formula che funziona perfettamente in altri sport come la pallavolo o la pallacanestro ed è incredibile che il calcio preferisca rimanere al Paleolitico sportivo. Il fallimento non è mai della tecnologia, ma di come gli uomini la applicano.

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