2013
Suazo: “Cagliari è casa mia”
Ci sono almeno due giocatori che i sostenitori del Cagliari dimenticheranno difficilmente: Gigi Riva e David Suazo. “Rombo di Tuono”, come lo soprannominò Gianni Brera, arrivò in Sardegna nel 1963, ci sarebbe rimasto fino al 1976. Nel mezzo, lo storico scudetto del 1970, impossibile da dimenticare, anche perchè l’unico.
Storia diversa quella del bomber honduregno, in rossoblù dal 1999 al 2007, 276 presenze e cento gol nelle partite ufficiali, secondo dietro all’attaccante di Leggiuno. King David non ha mai vinto un tricolore. Anzi, per quattro stagioni, dal 2000-01 al 2003-04, è stato costretto a vivere l’inferno della Serie B. Un inferno trasformatosi ben presto in paradiso perchè è lì, nei campi minori della cadetteria, che è nata la sua leggenda a suon di reti: 12, 9, 10 e 19. Fu subito amore con quei tifosi che porterà sempre nel cuore, soprattutto da quando ha deciso di lasciare il calcio a causa dei troppi infortuni. Ha detto addio in Honduras, il 28 marzo, mentre stringeva le maglie della nazionale e del Cagliari, le sole in grado di regalargli gratitudine e riconoscenza. “Qui ho gli affetti più importanti: mia moglie, i miei figli – così a “L’Unione Sarda” -. Sono partito con una valigia carica di sogni che qui sono diventati realtà. Era giusto dire basta là, ma questa è casa mia.
Ho iniziato a pensare di smettere dopo l’infortunio a Lisbona. Dopo l’intervento mi rendevo conto che non riuscivo a tornare quello di prima. E lo scorso anno a Catania ho messo insieme appena 5 presenze. Lì mi sono chiesto se fosse davvero il caso di continuare a lottare contro la corrente.
Sbarcai a Elmas carico di speranze in una squadra con stranieri di alto livello, mentre io ero solo un ragazzino. Il Cagliari ha creduto in me più di quanto ci credessi io stesso. Subito 30 giorni in ritiro a correre. Un’assurdità. Per fortuna trovai Tabarez, che mi aiutò agli inizi. Con Ulivieri ebbi qualche difficoltà.
Quando arrivai a Cagliari pensai che ci sarei rimasto i 5 anni di contratto e poi sarei andato via. Invece sono andato avanti, ho capito che potevo giocare ad alti livelli. Nel 2006 mi voleva il Siviglia, alla fine decisi di restare, mi sentivo in dovere di fare un altro anno.
All’Inter fu un’esperienza importante. Mi volle Mancini a tutti i costi. Mourinho, invece, non mi prese in considerazione perché non ero una sua scelta. Però mi ha trattato da professionista. Lui è un vincente, uno che si pone degli obiettivi e li raggiunge. A Milano ho giocato 3 anni, sono cresciuto, ho fatto grandi competizioni e ho vinto“.
Nell’estate 2011 il possibile ritorno, ma non se ne fece niente: “Mi hanno chiamato, ho accettato di venire e mi avrebbe fatto piacere giocare di nuovo qui. La gente mi voleva e mi vuole bene. C’erano persone cui voglio bene, come Matteoli e il dottor Scorcu. Poi è andata così, ma io sono sempre stato sereno. Sarò sempre riconoscente a Cellino, sarei stupido a dire il contrario. Lui ha creduto in me più di chiunque, mi ha protetto e se sono diventato Suazo è merito suo. Se dovessi rivederlo lo saluterei, certo. E ora spero risolva questa situazione, sono certo che ne uscirà bene.
Ho avuto tanti allenatori. Penso a quelli che mi hanno fatto nascere in Honduras, a mister Salvori che mi ha fatto crescere con la Primavera del Cagliari, a Sonetti, mio papà, Mancini, un vincente, a Rueda, il ct della Nazionale che ha portato l’Honduras ai Mondiali“.
E da grande cosa farà Suazo, il mister? “Ci penso. Tutti quelli che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa. Vorrei partire con i giovani, perché insegnare arricchisce e crea le basi. Lopez sta dimostrando le sue capacità e può diventare un grande. Spero possa fare grandi cose col Cagliari“.
Ci mancherai David