2013
Thiago Ribeiro, tanto sacrificio per la squadra
In questo campionato abbiamo esaltato più volte il mostruoso fiuto del gol di Marco Sau, la ritrovata vena realizzativa di Pinilla e la crescita di Ibarbo, che oltre al talento, mette in mostra finalmente anche i gol, belli e mai banali. Nel reparto offensivo sardo c’è chi, però, la porta non la vede come questi tre. Oltre a Nenè, ombra del giocatore che tutti quanti avevamo ammirato nella prima stagione, c’è Thiago Ribeiro, mai convincente e spesso discontinuo.
Lo scorso anno realizzò 6 gol in 35 presenze, ma tenendo conto che era il primo anno in Italia, qualche partita sbagliata era più che lecita. La riconferma fu motivata anche da questo, visto che in alcune gare aveva fatto vedere grandi cose.
Ma il rendimento del brasiliano in questo campionato è (per ora) disastroso: appena 2 gol in 26 presenze (15 da titolare), pochi se si pensa che è arrivato a Cagliari con la fama di capocannoniere della Coppa Libertadores. Il primo gol di quest’anno è arrivato nella roboante vittoria sul Siena per 4-2, dove firmò proprio il 4° gol, dopo una prestazione da incorniciare (forse la migliore in A, dopo quella contro la Roma dello scorso anno). L’ultimo risale invece al 27 gennaio 2013, quando entrato dalla panchina, ha firmato di testa il gol del pareggio contro il Palermo in pieno recupero. A questi si potrebbe aggiungere anche la tripletta realizzata in Coppa Italia sul Pescara.
Non sono comunque numeri da grande attaccante, ma se andiamo ad analizzare bene le partite di Ribeiro, capiamo meglio il perché: il numero 19 si sacrifica spesso e volentieri durante la fase di non possesso, ritrovandosi meno lucido in quella offensiva. Da elogiare, senza dubbio, per il lavoro di supporto alla difesa che svolge, ma se vuole essere considerato un attaccante, deve capire che i suoi compiti sono altri.
Il Ribeiro “difensore” l’abbiamo visto fin dalle sue prime partite in rossoblù, quando Ficcadenti lo schierava ala sinistra nel suo 4-3-3, ma svolgendo di fatto un ruolo da difensore aggiunto, quasi terzino. Con Davide Ballardini lo scorso anno, forse, abbiamo visto le sue migliori prestazioni, dove segnò la sua unica doppietta italiana alla Roma; mentre con Pulga e Lopez ha sempre svolto un ruolo di contenimento, rivelandosi poco incisivo lì davanti. Sarà vero che il calcio è cambiato, sarà vero che adesso gli attaccanti devono anche difendere, ma è anche vero che se sei attaccante conta una cosa sola: buttarla dentro.