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Usai (vice presidente Cagliari): «A Cagliari c’è un gruppo unito grazie a Ranieri»

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Le dichiarazioni del vice presidente del Cagliari, Fedele Usai: ecco le sue parole sulla squadra rossoblù di mister Ranieri

Ha parlato il Vice Presidente del Cagliari, Fedele Usai, ha rilasciato alcune dichiarazioni presso i microfoni di Radio Tv Serie A, durante la trasmissione Serie Allnews. Ecco le sue parole, riportate dai canali ufficiali del club: 

BARI – «Il ricordo più bello dello scorso 11 giugno a Bari? Non dimenticherò mai le parole a fine gara dei miei due figli, che vivono a Milano ma sono tifosissimi del Cagliari: “Papà è la serata più bella della nostra vita”. Un anno prima, sempre con loro e con il presidente Gulini, andavamo via in auto da Venezia, dopo una retrocessione assurda: un viaggio che sembrava non finire mai, surreale, avevo ancora in mente le lacrime dei miei due ragazzi. A Bari abbiamo giocato in un ambiente incredibile, contro una squadra forte e ben organizzata, un grandissimo tifo, sempre corretto nonostante la loro delusione finale. Uscendo dallo stadio mi sono immedesimato nel loro stato d’animo, ci eravamo passati anche noi la stagione prima. Ecco, questo è il calcio: ti dà sempre un’altra opportunità e quel gol al ’94 di Pavoletti ha cambiato tutto».

CAGLIARI – «Mi lega a Claudio un rapporto di sincera amicizia, per cui faccio fatica a parlare di lui. Di certo posso dire che non ho mai visto un gruppo così unito come il suo Cagliari. Lo scorso anno quando abbiamo iniziato i playoff ero davvero convinto della promozione, nonostante dovessimo affrontare squadre forti e allenate da tecnici di valore: Venezia, Parma e appunto Bari, sono compagini che meritano la A. Ma vedevo uno spogliatoio granitico, che aveva trovato nel mister il suo condottiero, la guida ideale: la squadra era davvero convinta di quello che faceva in campo e così ha saputo reagire anche alle inevitabili difficoltà. Contro il Parma, per esempio, è stata una partita emblema: a fine primo tempo il Cagliari era sotto di due gol. La squadra – aiutata dal nostro pubblico, che ha dato la sua spinta incessante e pazzesca – l’ha ribaltata nella ripresa: credo che quei 25 minuti resteranno per sempre nella memoria dei tifosi rossoblù».

SERIE A – «Oggi il livello della B si è alzato tanto, è un campionato complicato, ci sono tante squadre che lavorano molto bene con i giovani, la distanza tra playoff e playout è sempre di pochi punti. Poi ovviamente la Serie A è altra roba, un campionato tostissimo. Noi ci siamo presentati ai nastri di partenza con una squadra giovane: ci sono calciatori che arrivano dalla nostra Primavera come Luvumbo e Obert; altri sono frutto di investimenti importanti come Prati, Sulemana. Non è in ogni caso facile adattarsi immediatamente: Prati, per esempio, arriva dalla C; Dossena, Makoumbou, Azzi sono al debutto nella massima serie; lo stesso Radunovic aveva poca esperienza in A. Hatzidiakos e Wieteska sono arrivati da pochissimo. Sarà quindi importante fare al più presto quel cambio di mentalità che richiede il campionato; così come lo scorso anno era stata necessario adattarsi alla B. Questo è il lavoro che mister Ranieri sta facendo, sono molto fiducioso per la coesione che vedo in questo gruppo». 

NANDEZ – «Nahitan è una scossa in campo, è uno che dà tutto. Questo i tifosi lo capiscono: i suoi strappi sono importanti anche per la squadra perché nei momenti di difficoltà, le sue accelerazioni danno coraggio ai compagni. La sua “garra” è incredibile, fondamentale per questa squadra. Lo scorso anno in Serie B ha fatto un girone di ritorno pazzesco. E in Serie A il suo ruolo è ancora più importate, porta in dote anche la sua esperienza».

RANIERI – «Il ritorno di Claudio Ranieri è anche un aspetto romantico del calcio: la sua impresa tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del ’90 – la doppia promozione del Cagliari dalla C alla A, una straordinaria salvezza – era rimasta nel cuore di tutti i tifosi. Anche in quel caso il carisma del mister fu fondamentale, era giovanissimo, ma in realtà è ancora molto giovane. Sa trasmettere una grandissima convinzione, ma soprattutto tanta serenità, e questo per un calciatore – specie se giovane – è molto importante. Credo che nel suo genere sia unico. È una persona schietta, perbene, e questo i calciatori lo avvertono».

ALLENATORI – «C’è qualcosa che accomuna i grandi allenatori che hanno fatto la storia del Cagliari: penso a Scopigno – il papà degli allenatori rossoblù, personaggio incredibile, totalmente in anticipo sui tempi, che seppe conquistare uno storico Scudetto -; Mazzone, che portò la squadra in Coppa Uefa; Giorgi, che la condusse sino alla semifinale, e quindi mister Ranieri. Parliamo di persone di grande esperienza e sensibilità, capaci di essere dei padri del gruppo, che si inseriscono in un ambiente particolare, una realtà identitaria, dove tutta un’Isola si riunisce attorno alla squadra».

GIGI RIVA – «Il gesto di Riva di restare per sempre a Cagliari è irripetibile? Intanto parliamo di un totem, un punto di riferimento non solo per i tifosi rossoblù ma per tutto il calcio italiano: per quello che ha fatto, per l’uomo che è. Oggi la realtà è molto diversa, quanto sta succedendo in Arabia Saudita lo dimostra. Ci sono però calciatori che decidono di dire “No, grazie” ad un’offerta economica molto più allettante, perché si legano ad una squadra, ad una città, trovando lì le condizioni ideali di vita. Questo è successo a Riva: lui che da giovane aveva perso i genitori, in Sardegna, in un popolo, ha trovato la sua seconda famiglia. Sarà qualcosa di difficile da ritrovare. Diciamo che Riva con la sua scelta ha rinunciato sicuramente a guadagnare di più, ma in cambio ha guadagnato l’eternità».

RISORSE – «Nel calcio così come in una grande multinazionale, in quella in cui lavoro oggi così come in quelle dove sono stato nel corso della mia carriera, ciò che reputo più importante è la gestione delle risorse umane. Da una buona o una cattiva gestione dipendono il successo o il fallimento. La differenza sta nel fatto che nel calcio i ritmi sono molto più accelerati, è un mondo da cui sto imparando tanto: ovviamente è una realtà con le sue peculiarità, qui il fattore umano è ancora più determinante».

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